“Spalle al muro”: il 31 marzo finisce lo stato di emergenza. Abbiamo perso la generazione migliore

MANTOVA – Ancora un paio di giorni e finalmente finirà lo stato di emergenza. Dopo due anni di battaglia contro il virus venuto dalla Cina, anche l’Italia si è decisa ad eliminare buona parte delle restrizioni che hanno limitato i nostri comportamenti.
Alcune inevitabili, altre, invero, sono sembrate accanimenti nei confronti di certe categorie produttive trattate alla stregua di untori.
Fatto sta che dal 31 marzo andranno definitivamente in archivio insieme alle zone a colori e gli italiani potranno tornare alla piena socialità, mentre sulla ripartenza dell’economia nutriamo forti dubbi.

Ma prima di mettere il sigillo su quella che è stata una prova storica per il nostro Paese, è doveroso ricordare quello che possiamo definire il dramma nel dramma.
È quello degli anziani che se ne sono andati in un silenzio assordante, senza nemmeno un saluto, una preghiera, una benedizione. Una condizione che mi ha fatto ripensare alle parole della straordinaria “Spalle al muro” di Renato Zero, probabilmente tra le più toccanti canzoni portate al Festival di Sanremo. Il testo, scritto da Mariella Nava, descrive il lento declino dell’età e in particolar modo la critica che la gioventù “moderna” fa dell’anzianità. Non solo non considerandola, ma talvolta deridendola o, aspetto ancora più doloroso, emarginandola. Difatti la parola che più ricorre nel brano è «vecchio», quasi a sottolineare il poco rispetto che viene riservato alle persone non più giovani.
E a pensarci bene, l’esplosione della pandemia ha contrassegnato questa situazione. Qualcuno l’ha impudentemente definita una «selezione naturale», altri, compreso qualche virologo onnipresente nei palinsesti televisivi, si erano affrettati a dire «che tanto se ne sarebbero andati comunque». Affermazioni dietro le quali faceva capolino, almeno durante la fase acuta dell’emergenza che aveva rischiato di mandare al collasso il sistema sanitario nazionale, l’idea mostruosa che per qualche settimana si stavano ponendo in molti ospedali: nel caso occorresse effettuare scelte fra pazienti a parità di condizioni, vanno privilegiati i più giovani, come se le persone molto avanti con l’età e già affette da altre patologie non avessero il diritto di avere garantiti tutti i trattamenti di carattere intensivo. Un pensiero che aveva subito diviso l’opinione pubblica, perché non è stabilito da nessuna parte quali possano essere i parametri per una scelta di quel tipo.
Il verso «mentre ti scoppia il cuore, non devi far rumore» assume un duplice significato, riferendosi sia all’imbarazzo che spesso una persona anziana prova nel “gravare” sugli altri quando avverte un malanno e non vuole pesare su nessuno, sia ad un più metaforico voler tirar fuori le proprie emozioni di persona viva e che vuol vivere, ma costretta a rimanere in silenzio in quanto imputata di non essere al passo con i tempi.

La tragedia vera è che abbiamo perso la generazione migliore, quella uscita dalla guerra e che con sacrifici inenarrabili è stata in grado di ricostruire il Paese. Senza di loro non avremmo potuto godere di quella serenità che oggi sta purtroppo tornando ad essere un bene raro. Non dobbiamo mai dimenticare che i nostri nonni e genitori ci hanno lasciato case in eredità, benessere, ma soprattutto tanta saggezza. E per ringraziarli abbiamo tolto loro tutto: le pensioni, le case popolari e soprattutto la dignità. E adesso, con l’aumento dei beni energetici, a pagare il prezzo più doloroso saranno ancora una volta loro.

«Vecchio sì? Con tanto che faresti, adesso che potresti non cedi perché esisti, perché respiri tu». Anche la coda del brano fissa in maniera tremendamente attuale un’epoca in cui l’esperienza del passato sembra contare sempre meno se confrontata con il delirio effimero del presente. Un errore imperdonabile. Ecco, davanti ai nostri anziani, come al giorno d’oggi va di moda per compiacere al mainstream della critica “politically correct”, sì che dovremmo inginocchiarci.

*Matteo Vincenzi è un giornalista professionista, cronista-inviato del quotidiano “La Voce di Mantova”, collaboratore di quotidiani nazionali e opinionista sportivo