SUZZARA – “Iveco: una storia che a Suzzara non deve finire. Dall’Om Fiat alla vendita a Tata Motors”. È stato questo il titolo dell’incontro pubblico organizzato venerdì sera da Rifondazione Comunista nella sala civica di via Monecchi, un appuntamento che ha riportato al centro della discussione cittadina il destino dello stabilimento Iveco e dell’intero indotto produttivo.
La serata, introdotta da Cesare Azzetti, segretario del circolo Prc di Mantova, ha visto la partecipazione di Dino Greco, ex segretario della Camera del Lavoro di Brescia, Marco Massari, segretario provinciale della Fiom Cgil, e Paolo Benvegnù, responsabile nazionale del Dipartimento Lavoro di Prc. Azzetti ha sottolineato come l’iniziativa rappresenti un ritorno a Suzzara per riprendere un discorso politico interrotto da anni, quando Rifondazione faceva parte della giunta dell’ex sindaco Anna Bonini, annunciando anche la volontà di organizzare un nuovo incontro dedicato all’ospedale Montecchi.
Greco ha ripercorso il ruolo della famiglia Agnelli e della Fiat nei rapporti con i governi italiani, accusati di aver concesso miliardi di fondi pubblici destinati agli investimenti, ma utilizzati solo in parte. Sul tema della vendita Iveco a Tata Motors, l’ex segretario bresciano ha citato le dichiarazioni dell’ex amministratore delegato Giorgio Garuzzo, che in un’intervista aveva avvertito: “Tata compra la nostra rete commerciale, quindi il mercato. Se avrà convenienza a spostare produzioni in India, lo farà. Io temo soprattutto per il futuro degli stabilimenti italiani dei piccoli motori, come Foggia ma anche Suzzara. E poi è a rischio l’indotto dei fornitori”.
Greco ha aggiunto con parole proprie: “Elkann, vendendo Iveco, vuole fare solo cassa per dedicarsi alla finanza, perché in questo modo i soldi producono altri soldi”.
Il segretario provinciale della Fiom Cgil, Marco Massari, ha parlato di una vera e propria “dismissione industriale” che desta preoccupazione. “Faccio fatica a criticare la famiglia Elkann – ha detto – perché sono capitalisti e si muovono come tali. La nostra attenzione dovrebbe essere rivolta a un governo che si dichiara patriottico ma che di patriottismo ha ben poco, visto che non fa nulla per impedire la svendita del patrimonio industriale e continua invece a investire negli armamenti”.
Massari ha ricordato che Iveco, dopo aver ceduto la parte Defence a Leonardo, avrebbe potuto mantenere una quota civile. Ha poi sottolineato come il “Made in Italy” promosso dal governo sia sempre più svuotato di contenuti, con fabbriche italiane che cedono asset a ditte estere.
Sul futuro di Suzzara, Massari ha espresso un cauto ottimismo: “Il Daily è leader di mercato e Tata Motors non ha la capacità di produrre veicoli di questo livello. Non vedo pericoli immediati per lo stabilimento, ma i rischi maggiori riguardano l’indotto primario, che va monitorato con attenzione. La nostra proposta resta semplice: il Governo deve chiedere a Tata Motors di fare investimenti, solo così l’azienda potrà restare sul nostro territorio”.
Dopo gli interventi del pubblico, le conclusioni sono state affidate a Paolo Benvegnù, che ha raccolto le istanze e le preoccupazioni dei lavoratori suzzaresi, ribadendo l’impegno di Rifondazione Comunista nel dare voce a chi teme per il futuro dell’occupazione e della produzione locale.
“La vicenda Fiat rappresenta un esempio evidente di capitalismo predatorio: le grandi famiglie industriali hanno beneficiato di ingenti risorse pubbliche senza restituire al Paese un reale piano di sviluppo – ha detto Benvegnù – Oggi, con la vendita di Iveco a Tata Motors, siamo di fronte a un’operazione che non ha al centro la produzione, ma la conquista della rete commerciale. Per Tata, le aree di maggiore interesse sono l’Europa e l’Africa, mentre il mantenimento del sistema manifatturiero italiano non rientra nelle loro priorità.
E Benvegnù ha aggiunto: “Per noi, invece, la difesa della produzione e del tessuto industriale nazionale è un interesse strategico. Se non si esercita conflitto e pressione politica, i padroni continueranno indisturbati sulla loro strada. È quindi indispensabile una forte azione nei confronti del governo, che finora ha dato mano libera all’operazione di vendita senza alcuna garanzia per i lavoratori e per il territorio.
“In questo quadro – conclude Benvegnù – la scelta di mantenere il settore difesa di Iveco – cioè la produzione militare – non può essere considerata un’opzione di sviluppo. La vera prospettiva per il nostro Paese deve essere quella di puntare sul settore civile, meno inquinante e tecnologicamente avanzato”.















