“The last of us”, spartiacque tra passato e futuro nel mondo dei videogiochi

MANTOVA – Una delle tematiche che più ha diviso l’opinione pubblica negli ultimi decenni è senz’altro quella legata ai videogiochi: diseducativi e, talvolta, violenti per alcuni, passatempo e mezzo per evadere dalla realtà per altri. Tra coloro che fanno parte della seconda categoria possiamo trovare Lorenzo Fantoni, scrittore e giornalista che ieri sera in piazza Leon Battista Alberti, nel contesto di Festivaletteratura, ha presentato il suo libro “Vivere mille vite. Come i videogiochi ci hanno cambiato il futuro”.

Nel corso della serata l’autore ha voluto soffermarsi su un titolo particolare, ovvero “The last of us”, uscito nel 2013 per PlayStation e tuttora tra i giochi più popolari all’interno del panorama videoludico, tanto da spingere la HBO a produrre una serie tv su di esso.

Il gioco è ambientato in una realtà distopica in cui una pandemia generata da un fungo mutato (“Cordyceps”, fungo che esiste realmente) ha infettato gran parte della popolazione rendendoli simili a zombie. Lo scopo dei protagonisti (Joel ed Ellie) sarà quindi intraprendere un viaggio per sopravvivere a questa catastrofe e, contemporaneamente, trovare una cura per porre fine a tutto ciò.

A essere presa in esame da Fantoni, però, non è la trama in sé, quanto come questo gioco sia stato importante per l’industria videoludica al momento della sua uscita e di come abbia, da parte sua, rivoluzionato il modo di approcciarsi al genere. Innanzitutto ha voluto soffermarsi su come un videogioco riesca a far provare emozioni che una serie tv (per quanto a sua stessa ammissione fosse ben fatta) non riuscirà a darti, dato che nel gioco sei tu che “modifichi” la trama in base alle scelte anche morali intraprese, mentre nella serie è il regista che decide cosa farti vedere e in che modo.

Inoltre, “The last of us” ha rappresentato per l’autore l’idea più completa di videogioco “mainstream”: prima del 2013 i videogiochi venivano prodotti per un pubblico principalmente maschile (salvo rarissime eccezioni), con “The last of us” è stata abbattuta questa barriera proponendo un prodotto su misura di tutti. Inoltre, seppur in modo indiretto, è stato tra i primi a introdurre la tematica LGBTQ, in quanto Ellie si rivelerà essere un personaggio queer, senza però incentrare tutta l’attenzione su questo aspetto, facendolo apparire nel modo più naturale possibile.

Per quello che concerne lo studio della trama, della psicologia dei personaggi, della recitazione e delle colonne sonore, tutto è stato studiato nei minimi dettagli per rendere il videogioco un “vero e proprio capolavoro letterario”. In poche parole, “The last of us” rappresenta un punto di arrivo per il settore, ma anche un punto di partenza, con la speranza che l’arte che ne caratterizza tutta la saga possa far cambiare idea anche ai più scettici, introducendoli in un nuovo modo di raccontare una storia.