Turbanti, lampi e zampate: 5 immagini di Mantova-Salernitana che non dimenticheremo

Il “Martelli” che si conferma un fortino, il Mantova che riparte dopo essersi inceppato a Piacenza, la Curva Te che canta prima, durante e dopo il match senza soluzione di continuità. La seconda partita casalinga di questa lunghissima stagione di Serie B che adesso si ferma per la sosta delle nazionali restituisce l’immagine di un Mantova consapevole dei propri mezzi, portatore sano di un sistema di gioco che quando entra in funzione è difficilissimo da disinnescare. Come accaduto per la gara contro il Cosenza, proviamo a concentrare la partita in 5 immagini che in qualche modo simboleggiano, per i colori biancorossi, la partita contro la Salernitana.

5 – Il turbante di Radaelli. Era passata una manciata di minuti dal fischio d’inizio e il povero Radaelli, peraltro fresco rientrante, era già steso per terra. Un duro scontro con un giocatore avversario gli ha procurato una ferita alla testa e, come usa fare in questi casi, dopo un paio di minuti di medicazioni a bordo campo è rientrato sul rettangolo di gioco con una fasciatura a mo’ di turbante a proteggere il capo. Lui, comunque, non si è scomposto e ha ricominciato ad arare il campo da un lato all’altro, sempre in modo impeccabile, sia che dovesse attaccare, sia che fosse chiamato a contenere. Lo stesso discorso vale, sull’altra fascia, per un Bani sempre più immedesimato nel ruolo di terzino sinistro. Due lati della stessa medaglia, ovvero di un Mantova combattivo, che sa soffrire e adattarsi alle esigenze della squadra. E di un reparto difensivo che, dopo aver sofferto nelle prime tre partite, ieri si è preso la rivincita contro quello che fino a quel momento era il miglior attacco della Serie B.

4 – La spalla di Redolfi. Da un acciaccato all’altro, sempre in difesa: anche Alex Redolfi ieri sera è uscito anzitempo, dopo aver fatto a sportellate con Simeon Tochukwu Nwanko, meglio noto come Simy, numero 9 della Salernitana, 198 centimetri di altezza per circa 85/90 chilogrammi di peso. Non esattamente un cliente facile, come certificano anche le stagioni passate in Serie A. Dopo uno scontro di gioco tra i due, ad avere la peggio è stato Redolfi che ha rimediato una contusione alla spalla che verrà valutata in questi giorni dallo staff medico del Mantova. “Ha beccato quello più duro”, ha commentato Possanzini dopo la gara. Ricordandosi forse in quel momento che cosa significhi il mestiere di attaccante. E pure, con un più complesso sforzo di immaginazione, quello di difensore.

3 – Lampi di Aramu. Una sventagliata di prima, a metà del secondo tempo, con la quale ha cambiato il gioco da un lato all’altro del campo, prendendosi gli applausi di tribuna e distinti. Altre giocate di pregio, compreso un calcio di punizione ben battuto, un tentativo di conclusione e l’impressione che con il passare dei match e dei minuti sia sempre più nel vivo di questo Mantova. In queste prime partite Mattia Aramu ha badato a integrarsi nella squadra, a diventare un ingranaggio nel meccanismo che da oltre un anno mister Possanzini sta facendo ticchettare con precisione assoluta, come se fosse uno di quegli orologiai che ormai stanno sparendo insieme a mille altre nobili professioni manuali di un tempo. Ma per quanto provi a mimetizzarsi nel contesto, noi qualche lampo di Mattia Aramu – quello vero – iniziamo a vederlo. C’è solo bisogno di fiducia, e quella in viale Te non manca. Citofonare Galuppini (o continuare a leggere fino in fondo).

2 – Ruocco’n’roll. Punta l’uomo, dribbla, crea superiorità numerica, la butta in mezzo, mette in costante apprensione la difesa avversaria. Quel puntino laggiù che si fa trovare sempre libero sulla sinistra è Francesco Ruocco. Non fosse che Galuppini l’ha sbattuta dentro, sarebbe lui il nostro man of the match a mani bassissime. Sapevamo che doveva ancora ingranare, che forse aveva avuto qualche problemino fisico durante la preparazione, insomma che il vero Ruocco non era quello intravisto nelle prime partite. Possanzini, che ce l’ha sotto gli occhi tutti i santi giorni, ieri sera gli ha dato fiducia e il 23enne napoletano, che forse a vedere quelle maglie color giallo – ma in realtà granata – ha sentito profumo di derby, ha sfoderato una prestazione da applausi, comprensiva dell’assist vincente per Galuppini e di un continuo interscambio di palloni giocati e giocabili con i compagni di squadra, che quando giravano la testa verso occidente lo trovavano sempre pronto a fare sfracelli sulla fascia sinistra. Parafrasando il grande Luchino Visconti: Ruocco e i suoi fratelli.

1 – La zampata di Galuppini. Per capire quanto abbia fatto gioire i mantovani basta fare la conta di quanti soprannomi gli sono stati affibbiati da quando, un anno e pochi mesi fa, è arrivato in riva al Mincio. Al termine di una partita decisa da un suo tiro in controbalzo che ha sbattuto sulla traversa e si è insaccato alle spalle di Sepe ha ammesso che finora nessuno gli aveva mai dato la possibilità di cimentarsi in Serie B. L’ha fatto il Mantova quest’estate, e non solo per riconoscenza, visto che i suoi gol sono stati determinanti per tornare in serie cadetta dopo 14 anni in categorie che non vogliamo rievocare. L’ha fatto perché crede in Francesco Galuppini, e l’attaccante bresciano ha ripagato con un gol – il suo primo gol in Serie B – sotto la Curva Te che ha consegnato tre punti pesantissimi ai ragazzi di Possanzini. Non è mai troppo tardi per arrivare nel calcio che conta davvero, e se c’è qualcuno che può testimoniarlo è un tale Dario Hubner che, al termine di una lunghissima carriera passata a sfondare le porte altrui, ha deciso di indossare la maglia biancorossa per far stropicciare gli occhi un po’ anche a noi. Forza Galup, e come sempre: avanti Mantova!