“Lo strumento dell’Iscro (Indennità straordinaria di continuità reddituale ed operativa) entrato in applicazione il 1° luglio scorso rappresenta un buon esempio di una misura di sostegno al reddito per una popolazione di lavoratori, i professionisti iscritti alla gestione separata, fino ad oggi scoperta da ogni forma di ammortizzatore e che non aveva sinora contribuito al suo finanziamento”. A dirlo il presidente dell’Inps Pasquale Tridico nella Relazione annuale del XX Rapporto Annuale dell’Istituto.
“Tale misura di protezione – spiega – andrebbe estesa alla platea di tutti i lavoratori autonomi con partita iva. Non possiamo inoltre dimenticarci che la mera presenza di un ammortizzatore produce effetti diversificati a seconda dell’utilizzo che ne viene fatto da parte delle imprese. Come mostrano le analisi dell’Istituto, le imprese che nel periodo pre-Covid godevano di una minor liquidità e di una peggiore redditività sono contraddistinte da un’intensità di ricorso superiore alla misura. Se ci si interroga anche sulle strategie di utilizzo interno della cig, andando ad indagare la scelta dell’impresa di equidistribuire la perdita salariale associata all’utilizzo della cig-Covid tra i lavoratori, oppure di concentrarne l’utilizzo solo su alcuni gruppi, si evidenziano differenze legate ad altre caratteristiche aziendali: all’aumentare dell’instabilità lavorativa e della dispersione dei salari, nell’impresa crescono in modo rilevante la concentrazione delle ore di utilizzo cig-Covid e i relativi disagi per i lavoratori maggiormente coinvolti”.
“Allo scopo poi – precisa – di comprendere quali lavoratori abbiano maggiormente sofferto la riduzione salariale associata alla misura, se si analizza l’intensità del ricorso a livello individuale emerge che essa diminuisce in modo sostanziale al crescere del salario del lavoratore, della sua anzianità aziendale, e dell’esperienza lavorativa, mentre aumenta al crescere dell’età del lavoratore, soprattutto per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato. Quindi qualunque ammortizzatore, per quanto universale, può produrre effetti redistributivi, in quanto il rischio di perdita occupazionale non è uniforme tra i lavoratori”.
“Per loro stessa natura – osserva Tridico – gli ammortizzatori riducono le diseguaglianze giacché permettono di attenuare le perdite economiche di segmenti più deboli della forza lavoro occupata. In assenza del sostegno derivante dagli ammortizzatori, l’imponibile contributivo mediano per i lavoratori coinvolti in cig-Covid sarebbe diminuito del 60%, da circa 1.700 euro a febbraio 2020 a 680 euro nel successivo mese di aprile, mentre considerando l’imponibile compensato dai sussidi, la perdita si è ridotta al 33%”.
“Per quanto riguarda la disuguaglianza – continua – l’indice di Gini calcolato sulle retribuzioni da lavoro dipendente, pari a 0,29 nei mesi di gennaio e febbraio, sarebbe aumentato a 0,42 a marzo fino a 0,56 ad aprile. Grazie invece alla cig-Covid, l’indice di Gini aumenta in misura decisamente più contenuta, non superando ad aprile il valore di 0,45. Confrontando gli indicatori di diseguaglianza con l’ipotesi controfattuale di assenza di alcun ammortizzatore, la disuguaglianza aumenta del 55% anziché del 93%”.
“Ciò – sostiene – indica che lo strumento di ammortizzazione è riuscito a dimezzare l’impatto della crisi pandemica sull’aumento della disuguaglianza dei redditi. Emerge anche che gli ammortizzatori anticiclici riescono ad attutire in modo più rilevante l’impatto su categorie fragili del mercato del lavoro, come donne e giovani. Molto probabilmente l’intervento pubblico avrebbe potuto essere più selettivo nell’individuazione delle categorie da beneficiare”.