Continua lo shopping degli investitori stranieri delle aziende made in Italy: ultimo caso quello di Reno De Medici, società leader in Europa di cartoncino a base riciclata, il cui 67% è stato acquisito dal gruppo internazionale Apollo Global Management. Effetto pandemia o ripresa? “Intanto c’è da dire -spiega ad Adnkronos/Labitalia Antonella Trocino, docente di Economia dei mercati e intermediari finanziari all’Università Luiss Guido Carli- che in parte si tratta di un recupero di ciò che non è successo nel 2020, anno in cui c’è stata una diminuzione rispetto al 2019 del 20% degli investimenti in imprese italiane dei Fondi esteri. Quindi può darsi che con la ripresa ci sia un recupero di quello che non è stato fatto”.
Ma c’è anche un altro elemento, spiega la professoressa: “L’Italia è una delle prime economie europee per economia circolare. In un momento in cui c’è una grande voglia di investire in forme di società che abbiano caratteristiche di Esg compliance, evidentemente il mercato italiano di aziende medio-piccole ha molti elementi di appetibilità”.
“Per questo -auspica la docente- bisognerebbe fare un ragionamento strategico individuando dei target che sono rilevanti a livello sistemico per la nostra economia. Ad esempio, a me preoccupa molto il caso Cerved, che è una miniera enorme di informazioni sul nostro mercato sia perché controllava Cedacri, che ha ancora i sistemi informativi di molte piccole e medie banche, sia perché ha altre molte informazioni. Sarebbe importante individuare alcuni campioni nazionali da proteggere: i mezzi ci sono, c’è il dl 21/2012, quello del golden power. che però è riferito a settori come energia trasporti telecomunicazioni. Forse il governo dovrebbe fare un ragionamento più ampio su cos’altro c’è di strategico.Soprattutto alla luce dei tempi stretti della progettualità del Pnrr”.
Ma l’Italia, osserva Trocino, “evidentemente dopo tanti anni di austerity non è più abituata a fare una politica industriale e ad avere una prospettiva in qualche modo concordata di investimenti rispetto a linee strategiche di sviluppo”. Occorrebbe ora, avverte, “un’azione di concertazione tra governo, imprese, sindacati e territori, orientata a massimizzare la buona allocazione dei fondi del Pnrr, che non sia solo ‘green washing’ o solo arricchimento di pochi oligopoli,ma che sia qualcosa che davvero innesca una ripresa diffusa”.
Un’altra considerazione riguardo allo shopping dei grandi Fondi esteri in Italia, aggiunge, “è che non dobbiamo dimenticare che molto spesso i veicoli stranieri sono controllati da famiglie italianissime”. “Per cui trovo un po’ pretestuoso -avverte Trocino- questo attaccarsi al discorso dell’italianità, laddove siamo da decenni in un sistema di movimenti di capitale e quindi cosa è italiano non è chiarissimo”. “Non è poi detto che l’essere quotato sul mercato azionario sia dal punto di vista dell’accesso ai capitali sia per forza la cosa migliore. Abbiamo assistito per anni alla cosiddetta finanziarizzazione dell’economia ossia che magari le aziende per mantenere una certa quotazione sul mercato, compravano le proprie azioni distogliendo i capitali da investimenti produttivi, alimentando un’economia di carta piuttosto che un’economia reale”, ricorda la docente.
“E va detto che molti fondi di Private Equity hanno una prospettiva di lungo termine laddove, invece, sui mercati azionari c’è la visione ‘mordi e fuggi’, di brevissimo periodo, che non serve in una fase in cui sperabilmente assisteremo a una riconversione di molti settori e quindi investitori con ottiche di lungo e medio periodo anche attenti ai fattori Esg tutto sommato non sono necessariamente un aspetto negativo, conclude. (di Mariangela Pani)