Confagricoltura: “Carenza di farine proteiche nella filiera zootecnica. Ecco le proposte per rilanciare la produzione”

In foto: azienda zootecnica

MANTOVA – L’emergenza sanitaria legata al Coronavirus ha riportato d’attualità un tema
fondamentale per il futuro delle filiere agroalimentari nazionali, vale a dire
quello legato alla dipendenza dai mercati esteri per quanto riguarda le farine
proteiche, elemento chiave per l’alimentazione zootecnica nei nostri
allevamenti: “E di conseguenza – spiega Alberto Cortesi, presidente di
Confagricoltura Mantova – elemento chiave per eccellenze quali, per restare
all’interno della nostra provincia, il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano o i
prosciutti crudi”. L’emergenza Covid-19 ha messo in evidenza le carenze
produttive nazionali e le difficoltà nell’approvvigionamento dall’estero, dovute
alla chiusura delle frontiere e al blocco delle importazioni. Le proteaginose
(come fagiolo, pisello, fava, cece e lenticchia) e le oleaginose (come soia,
girasole e colza) sono, oggi più che mai, elementi fondamentali per la
zootecnica, ed è per questo che è stata inviata al Ministero per le Politiche
Agricole una lettera riguardante la richiesta di deroga temporanea e
straordinaria in materia di greening per le aree Efa (di interesse ecologico):
“La nostra proposta – prosegue Cortesi – è quella, per la sola campagna di
semine 2020, di prevedere una deroga all’obbligo di destinare parte dei
seminativi a queste aree Efa, e di consentire in tali zone la semina di colture
proteiche, con l’utilizzo di prodotti fitosanitari a impatto quasi nullo. Il tutto
senza causare problemi nella presentazione delle domande Pac. Crediamo che
questo sia il modo migliore per rilanciare queste produzioni”.
Ma com’è la situazione all’interno della nostra provincia? L’impressione è che i
produttori non abbiano ancora del tutto compreso le possibilità di mercato date
dalla carenza nazionale di tali prodotti. Tra le oleaginose la più diffusa è la soia,
che dopo annate difficili può ora godere di strumenti come i contratti di filiera.
Nel 2019 (dati Istat) in provincia di Mantova ne sono stati seminati 13.200 ha,
con una resa di circa 470.000 quintali. Gli ettari erano 11.600 nel 2011, ma
circa 20.000 appena cinque anni fa, con punte produttive di quasi 900.000
quintali. In calo anche il colza, che contava su 540 ha nel 2011 e su 429 ha lo
scorso anno (produzione di 14.500 quintali). In crescita invece il girasole, con
580 ha e più di 17.000 quintali prodotti contro i 398 ha del 2011. Passando alle
proteaginose (o leguminose da granella), la situazione è in crescita, anche se
ancora lontana da livelli di autoapprovvigionamento. In grande crescita il
pisello proteico, che passa dai 50 ha del 2011 ai 1.982 dello scorso anno, con
circa 63.000 quintali prodotti. Discorso analogo per il fagiolo, coltivato su
appena 12 ha nel 2011 ma passato a 435 ha nel 2019, con circa 9.000 ha
raccolti. In calo invece il cece, che passa dagli oltre 200 ha del 2018 (con più
di 5.000 quintali di prodotto) ai poco più di 20 dello scorso anno. Marginali, al
momento, le produzioni 2019 di fava da granella (37 ha, 1.400 q), fava fresca
in piena aria (26 ha, 2.860 q), fagiolo e fagiolino in piena aria (25 ha, 1.800 q)
e lenticchia (appena 1 ha, per 21 q raccolti): “Le proteaginose – chiude Cortesi
– possono essere una validissima alternativa a livello colturale, ma devono
diventarlo anche dal punto di vista economico. Auspichiamo la creazione di
vere e proprie filiere, capaci di rilanciare le colture a prezzi convenienti e
competitivi per i produttori”.