(Adnkronos) – “Sa qual è il vero segreto per non avere problemi alla schiena? Mantenersi in forma e non gravare troppo sulla colonna vertebrale”. Come un medico fra i medici, l’attore e regista Carlo Verdone ha inaugurato a Roma il 45.esimo Congresso nazionale della Società italiana di Chirurgia vertebrale e del Gruppo italiano scoliosi ‘Sicv&Gis’ con una lectio magistralis dal titolo ‘Mal di schiena, questo conosciuto’. “Si tratta di una patologia – ha spiegato Verdone- che ha vari livelli di cura. Io provo a tenerla sotto controllo ma nessuno dica più che sono un ipocondriaco. É una fregnaccia nata sul set di ‘Maledetto il giorno che ti ho incontrato’, anche se devo dire di aver salvato la vita a diverse persone. Come quando diagnosticai un tumore al colon a un mio amico che se l’è cavata grazie al mio intervento. Una volta guarito, mi ha ringraziavo e sa cosa hai fatto? Mi ha offerto una gricia. Beh, poteva fare qualcosina in più”.
Al termine della lectio magistralis, Verdone è stato sottoposto a un test per diventare membro onorario della Sicv&Gis. Cos’è l’epistrofeo? E la cauda? E ancora cosa si intende per cifoplastica. Il Carlo nazionale, impeccabile, ha superato l’esame a pieni voti. “Per fortuna – ha detto l’attore – mi hanno fatto domande semplici e sono riuscito a cavarmela e, per me, che sono appassionato di medicina è motivo di grande orgoglio”.
Una tre giorni, quella inaugurata da Verdone, per dibattere delle novità scientifiche in materia e per presentare i risultati che la ricerca sta ottenendo su diversi fronti. A partire dallo studio sulla riabilitazione con robot e uso di esoscheletri finanziato con decine di milioni di euro dal Pnrr: “Lo studio – spiega il professor Carlo Ruosi, presidente della Sicv&Gis e ordinario di Malattie dell’apparato locomotore, Medicina Fisica e Riabilitativa, presso la Federico II di Napoli- è coordinato dal nostro Ateneo ma vede coinvolte le più prestigiose Università italiane. Si tratta dunque di una nuova importante frontiera che, dopo aver stabilizzato la colonna vertebrale dei pazienti, punta, con l’utilizzo dei robot e degli esoscheletri, a ridare verticalità e quindi a rimettere in piedi i pazienti il più precocemente possibile. Gli esoscheletri purtroppo hanno un costo ancora molto alto, ma i fondi del Pnrr ci hanno permesso di acquistarne una quantità significativa”.
Risultati che si stanno ottenendo anche grazie alla felice intuizione di dare una casa comune ai professionisti italiani più rinomati nel campo della patologia e della chirurgia vertebrale provenienti sia dai settori dell’ortopedia che della neurochirurgia e della fisiatria: “La colonna vertebrale un tempo – ha affermato Ruosi- era considerata da noi ortopedici e fisiatri tema molto complicato mentre dai neurochirurghi una sorta di diminutio. L’idea di mettere sotto uno stesso tetto questi settori e l’avvento delle nuove tecnologie e, in particolare, dell’utilizzo dell’Intelligenza artificiale hanno fatto sì che, soprattutto le nuove leve, trovassero stimoli importanti per approfondire lo studio della colonna vertebrale. Non è allora un caso – ha aggiunto – che delle 200 relazioni, previste nella nostra tre giorni, oltre 80 saranno tenute da neurochirurghi oltre che dagli ortopedici e dai fisiatri. Una vera e propria rivoluzione culturale che, di fatto, sta spingendo la ricerca verso orizzonti fino a poco tempo fa impensabili. Una conquista di grande rilievo, considerando che le lesioni del midollo spinale non fanno differenze d’età e possono colpire, a causa degli incidenti stradali, anche ragazzi che hanno una vita davanti e che coltivano il desiderio di rimettersi in piedi per tornare, se possibile, a un’agognata normalità”.
Oltre allo studio portato avanti grazie ai fondi del Pnrr, nel corso del Congresso della Sicv&Gis, si parlerà di un’altra interessante sperimentazione: “Si sta lavorando – ha sottolineato Ruosi- sulla possibilità di sfruttare in qualche modo la funzione residua del midollo spinale lesionato parzialmente con l’utilizzo di stimolatori elettrici. Bioingegneri e medici sono al lavoro con l’idea di collegare e fortificare, con delle stimolazioni sovraliminali, le fibre nervose a monte con quelle a valle delle lesione. L’obiettivo, anche in questo caso, punta a rimettere in piedi pazienti destinati all’uso della carrozzella. Questi studi sono alla stadio sperimentale certamente ma i primi risultati sono incoraggianti. Non siamo ancora al punto di affermare, con certezza, che questo avverrà in tempi brevi ma siamo decisamente sulla strada giusta. Una strada che fa intravedere in un futuro non sappiamo ancora quanto prossimo, ma oggi non ancora reale, la possibilità di effettuare queste stimolazioni direttamente sul cervello”.