Il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe sull’andamento di Covid-19 in Italia rileva nella settimana tra il 14 e il 20 luglio, rispetto alla precedente, “un incremento del 115,7% di nuovi casi (19.390 vs 8.989, +10.401)”, quindi più che un raddoppio, “mentre si confermano ancora in calo i decessi (76 vs 104, -28)”. Ma “dopo oltre 3 mesi di decremento, si registra un’inversione di tendenza dei casi attualmente positivi (49.310 vs 40.649, +8.661), delle persone in isolamento domiciliare (47.951 vs 39.364, +8.587), dei ricoveri con sintomi (1.194 vs 1.128, +88) e delle terapie intensive (165 vs 157, +8)”.
Nel dettaglio, rispetto alla settimana precedentemente monitorata, nel periodo 14-20 luglio si registrano le seguenti variazioni percentuali: decessi -26,9%, ricoverati in terapia intensiva +5,1%, ricoverati con sintomi +5,9%, persone in isolamento domiciliare +21,8%, nuovi casi +115,7%, casi attualmente positivi +21,3%.
“Sul fronte dei nuovi casi – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – si registra un netto incremento settimanale, verosimilmente sottostimato da un’attività di testing insufficiente e dalla mancata ripresa del tracciamento dei contatti, reso ora più difficile dall’aumento dei positivi. Nella settimana 14-20 luglio in tutte le regioni si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla precedente, e sono ben 51 le province in cui negli ultimi 14 giorni si rileva un incremento settimanale dei nuovi casi superiore al 20% e che negli ultimi 7 giorni registrano un valore assoluto di almeno 50 nuovi casi. Continuano a scendere i decessi, con una media di 11 al giorno rispetto ai 15 della settimana precedente”.
“Dopo 14 settimane di riduzione degli indicatori ospedalieri – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui servizi sanitari della Fondazione Gimbe – si registra un’inversione di tendenza con lieve incremento dei ricoveri in area medica e in terapia intensiva, dove l’occupazione di posti letto da parte dei pazienti Covid rimane per ora molto bassa, intorno al 2%”.
Tutte le regioni registrano valori inferiori al 10% per l’area medica e al 5% per le terapie intensive, calcola Gimbe; 7 le regioni che non contano pazienti Covid in area critica.
“Si conferma un ulteriore lieve incremento degli ingressi giornalieri in terapia intensiva”, sottolinea Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe: “La media mobile a 7 giorni è di 10 ingressi/die, rispetto ai 7 della settimana precedente”.
COLORE REGIONI – “Se da un lato è ragionevolmente certo che, rispetto alle ondate precedenti, l’aumentata circolazione del virus” Sars-CoV-2 “avrà un minore impatto sugli ospedali grazie alla copertura vaccinale di over 60 e fragili, dall’altro affidare un peso eccessivo, o addirittura esclusivo, agli indicatori ospedalieri per ‘colorare’ le regioni concretizza un ‘rischio non calcolato'” secondo la Fondazione Gimbe, che mette in guardia su questo punto nel suo monitoraggio settimanale.
Gimbe indica “tre ragioni” per cui fare attenzione al dato dei ricoveri come principale parametro guida del rischio: “Fa perdere di vista il monitoraggio della circolazione del virus, la cui entità ha comunque un impatto ospedaliero proporzionale alla sua diffusione; è un indicatore meno tempestivo, in quanto la curva delle ospedalizzazioni segue con un certo ritardo quella dei nuovi casi; l’introduzione di eventuali provvedimenti restrittivi sarebbe tardiva e produrrebbe un miglioramento solo dopo alcune settimane”.
“Se Governo e Regioni intendono abbandonare il parametro dei contagi – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – servono soglie molto basse per gli indicatori ospedalieri: non oltre il 5% di occupazione da parte di pazienti Covid-19 per le terapie intensive e il 10% per i ricoveri in area medica per rimanere in zona bianca”.
“Se invece l’intenzione è quella di innalzare tali soglie, oltre ad accettare i rischi sopra descritti”, secondo Cartabellotta “bisogna mantenere tra i parametri di monitoraggio il numero dei casi per 100mila abitanti, aumentando l’incidenza settimanale sopra i 50 casi per conservare la zona bianca e definendo un numero standard di tamponi per 100mila abitanti per evitare comportamenti opportunistici”.
GREEN PASS – “In questa fase della pandemia” di Covid-19 “il Green pass può giocare un ruolo cruciale: è efficace nel limitare la circolazione del virus e permette il rilancio in sicurezza di alcuni settori, prevenendo il rischio di un ritorno a eventuali restrizioni”. Tuttavia, “nel breve termine l’utilizzo del Green pass si scontra con alcuni ostacoli che devono essere rimossi”. La Fondazione Gimbe ribadisce la propria posizione sul certificato, esortando le forze politiche a “non polarizzare ulteriormente gli estremi” sul suo impiego.
“L’attuale indisponibilità di vaccini – analizza la Fondazione Gimbe – discrimina chi è in attesa della vaccinazione, anche per la mancata gratuità dei tamponi in diverse regioni”. Inoltre “servono strumenti e risorse per verificare sistematicamente le certificazioni nei luoghi dove sono richieste”, e “manca una legge sull’obbligo vaccinale per chi lavora in locali ed esercizi dove viene richiesto il Green pass”. Il certificato, dunque, “può avere un’applicazione immediata per i grandi eventi (sportivi, musicali, fieristici, congressuali) e i mezzi di trasporto come aerei, navi e treni a lunga percorrenza”, ed “eventualmente anche per cinema e teatri. Ma a breve termine il suo utilizzo per ristoranti e soprattutto bar è più complesso. Risulta invece più ardua una sua implementazione per il trasporto locale e altri servizi essenziali (supermercati, farmacie, eccetera)”. Infine, “la ventilata ipotesi di modulare il Green pass in relazione allo status vaccinale (prima dose o ciclo completo) e/o ai colori delle regioni introduce ulteriori elementi di complessità difficili da gestire nella pratica”.
“Nell’infuocato dibattito sui possibili utilizzi del Green pass in Italia, annebbiato da posizioni politiche estreme – rileva Nino Cartabellotta – si sono registrate inaccettabili e opportunistiche distorsioni di evidenze scientifiche e dati nazionali sull’efficacia dei vaccini pubblicati dell’Istituto superiore di sanità e di sicurezza pubblicati dell’Agenzia italiana del farmaco”.
VACCINO – “Continua a scendere la percentuale di prime dosi sul totale delle dosi” di vaccino anti-Covid “somministrate: da oltre 2,9 milioni della settimana 7-13 giugno (74% del totale), le prime dosi sono precipitate a 583mila nella settimana 12-18 luglio (15% del totale), con una riduzione complessiva dell’80,3%” rileva Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe.
Al 21 luglio (aggiornamento ore 6.10) – riporta Gimbe – il 62,1% della popolazione (36.767.656) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+724.981 rispetto alla settimana precedente) e il 47,4% (28.072.581) ha completato il ciclo vaccinale (+3.270.882). Stabile nell’ultima settimana anche il numero di somministrazioni (3.857.622), con una media mobile a 7 giorni di 549.282 inoculazioni/die. “Il numero di somministrazioni giornaliere non decolla, nonostante il potenziale organizzativo – commenta Nino Cartabellotta – per il mancato utilizzo dei vaccini a vettore adenovirale e la limitata disponibilità di quelli a mRna”.
La Fondazione evidenzia che il vaccino di “AstraZeneca non viene più somministrato per le prime dosi, come dimostra il fatto che nell’ultima settimana il 99,3% delle somministrazioni sono stati richiami; le somministrazioni di Johnson&Johnson sono ormai sporadiche (nell’ultima settimana in media 3mila al giorno); non disponiamo di un numero di dosi di vaccini a mRna sufficiente ad ampliare la platea dei vaccinandi”.
“A fronte della diffusione della variante Delta che si avvia a diventare prevalente – avverte Gimbe – continuano a preoccupare i quasi 4 milioni di over 60 a rischio di malattia grave non coperti dalla doppia dose di vaccino. In dettaglio: 2,15 milioni (12%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose con rilevanti differenze regionali (dal 21% della Sicilia al 6,9% della Puglia), e 1,79 milioni (10%) sono in attesa di completare il ciclo con la seconda dose”.
Secondo i dati riferiti dalla Fondazione, tra gli over 60 “l’88% ha ricevuto almeno una dose di vaccino, con un incremento settimanale irrisorio a livello nazionale (+0,4%) e nette differenze regionali: mentre Puglia, Umbria, Lazio, Lombardia e Toscana hanno superato il 90%, la Sicilia rimane ferma al 79%”.
“L’incremento delle coperture rispetto alla scorsa settimana è quasi esclusivamente legato al completamento di cicli vaccinali – afferma Renata Gili, responsabile Gimbe per la Ricerca sui servizi sanitari – In altri termini, continua a stagnare il numero di over 60 che ricevono la prima dose, segno di una persistente esitazione vaccinale in questa fascia di età”.