(Adnkronos) –
“Una nuova immunoterapia cellulare potrebbe essere efficace nel trattamento dei tumori solidi metastatici”. Lo annunciano i National Institutes of Health (Nih) americani, che hanno pubblicato su ‘Nature Medicine’ “i primi risultati di un piccolo studio clinico in pazienti con cancro del colon-retto già sottoposti in precedenza a più terapie” senza successo: “L’immunoterapia personalizzata ha ridotto i tumori in alcuni pazienti ed è stata in grado di impedirne la ricrescita fino a 7 mesi”. Quello messo a punto dagli scienziati dal National Cancer Institute (Nci) degli Nih è un approccio personalizzato che consiste nell’ingegnerizzare geneticamente i linfociti sani del paziente in modo che esprimano recettori specifici, capaci di riconoscere e attaccare le cellule tumorali.
Finora l’immunoterapia cellulare, in differenti versioni, si è dimostrata efficace contro alcuni tumori del sangue e il melanoma metastatico, ricordano gli Nih. Tuttavia, ad oggi, ancora non esiste una terapia cellulare che funziona contro i tumori solidi. “Il fatto di essere riusciti a far regredire un cancro solido metastatico prova che la nuova strategia di immunoterapia cellulare è promettente”, afferma Steven A. Rosenberg del Center for Cancer Research (Ccr) del Nci, che ha co-condotto la ricerca con la chirurga del Ccr Maria Parkhurst. “E’ però importante capire che questi risultati sono preliminari – precisa – e che il nuovo approccio deve essere ulteriormente perfezionato e testato su più tipi di tumori solidi”.
La nuova metodica, sottolineano gli Nih, supera due grandi sfide dell’immunoterapia cellulare: come produrre un gran numero di linfociti T in grado di riconoscere in maniera specifica le cellule tumorali; come aumentare la capacità delle cellule T modificate di moltiplicarsi una volta reinfuse nel paziente.
Per ciascun paziente coinvolto nello studio, illustrano gli Nih, Rosenberg e colleghi hanno raccolto i linfociti presenti nel tumore. Su questi linfociti, attraverso sofisticate tecniche di caratterizzazione molecolare, hanno identificato e isolato i recettori che riconoscevano cambiamenti specifici nel tumore di ogni paziente. Dopo averli sequenziati geneticamente, sfuttando un retrovirus hanno inserito i geni di questi recettori nei linfociti sani raccolti dal sangue circolante di ciascun paziente. I linfociti geneticamente modificati sono stati quindi fatti moltiplicare in laboratorio, ottenendone centinaia di milioni, e reinfusi nei pazienti dove hanno espresso i recettori delle cellule T specifici per il tumore e hanno continuato a moltiplicarsi. “Prendendo i recettori naturali presenti in un numero molto piccolo di linfociti T, e inserendoli nei linfociti normali di cui invece disponiamo in numeri enormi (1 milione in ogni goccia di sangue) – chiarisce Rosenberg – possiamo generare tutte le cellule anti-cancro che vogliamo”.
Nell’ambito di un trial di fase 2 più ampio, 7 pazienti con tumore del colon metastatico sono stati trattati con questa immunoterapia cellulare personalizzata sperimentale. Prima del trattamento tutti e 7 hanno ricevuto diverse dosi del farmaco immunoterapico pembrolizumab, mentre dopo il trattamento è stato loro somministrata un’altra immunoterapia (IL-2). Risultato: 3 pazienti hanno avuto una sostanziale riduzione dei tumori metastatici nel fegato, nei polmoni e nei linfonodi, che è durata da 4 a 7 mesi. Il tempo mediano alla progressione della malattia è stato di 4,6 mesi. Dei 3 pazienti che hanno risposto al trattamento – rimarca Rosenberg – 2 avevano ricevuto recettori derivati da linfociti T citotossici, i ‘killer’ principali delle cellule malate. Perciò i ricercatori stanno cercando il modo di inserire i recettori delle cellule T in sottotipi specifici di linfociti normali, per migliorarne la reattività.
Il cancro al colon è solo uno dei tanti tumori solidi che gli scienziati stanno studiando. I
l progetto è ancora in corso e comprende pazienti con diversi tipi di tumori solidi, puntualizzano gli Nih. “E’ solo l’inizio del processo di conversione dei linfociti normali in cellule in grado di trattare i comuni tumori solidi”, prospetta Rosenberg. “Questo studio dimostra che è possibile, e una volta che lo sai – chiosa – puoi lavorare per farlo meglio”.