Influenza, da latte a cognac e uova: i cibi giusti o sbagliati per combatterla

Arriva il Natale e, quest’anno con un po’ di anticipo, anche il picco di influenza e malattie da raffreddamento. Come spesso accade, oltre ai farmaci prescritti dai medici, si moltiplicano i consigli e il passaparola su cosa mangiare – soprattutto in un periodo di frequenti tavolate – per alleviare il malessere dell’influenza: si va dal bere le classiche spremute d’arancia al sorseggiare latte e cognac, a mangiare miele e zuccheri o pasta e riso in bianco, fino al peperoncino. Per capire quali sono i cibi ‘sì’ e quelli ‘no’, una soluzione viene dalla chimica dell’alimentazione che sfrutta gli elementi nutrizionali come principi attivi, come spiega Paolo Bianchini, consulente nutrizionale e nutraceutico.

Sull’uso di cognac o grappe in caso di malessere “escludo il beneficio poiché si tratta di alcool, e dunque di zucchero con gli effetti infiammatori”, afferma l’esperto, ideatore del ‘Metodo Bianchini’. “A ingannare è la sensazione data dalla vasodilatazione o l’effetto serotonina e dopamina rilasciati a causa dello zucchero può fornire questa sensazione di benessere. E’ vero anche che il latte concilia il sonno, e basta pensare a quello materno che non contiene solo proteine, grassi, zuccheri e vitamine, ma anche ormoni e molti altri fondamentali molecole. Non solo: la composizione ormonale – dettaglia – cambia a seconda dell’ora, così che la sera e la notte il latte ha molta più melatonina. Lo stesso succede con il latte vaccino che utilizziamo normalmente che se munto durante la notte può contenere molta più melatonina, e questo potrebbe spiegare l’effetto di far dormire meglio che a volte viene registrato bevendo latte prima di andare a letto”.

Da sfatare anche la credenza su miele e zuccheri contro il mal di gola. “L’alta concentrazione di zuccheri presente nel miele (66-83% composto da glucosio, fruttosio, saccarosio oligosaccaridi) oltre a quelli di acqua (13-20%) e da destrine (1-5%) – afferma Bianchini – spiega perché è in grado di innescare tutti i meccanismi infiammatori noti. Una delle caratteristiche dello zucchero è che riduce la quantità di Atp intracellulare, ovvero la molecola che si può definire la benzina che le nostre cellule usano. Non solo la riduce, ma addirittura ne limita anche la produzione. Questo crea una cascata di processi che portano a un maggior immagazzinamento di nutrienti nelle cellule adipose, ovvero s’ingrassa di più. Elevati livelli di zucchero portano a una serie di conseguenze, fra cui aumento di peso, aumento di grasso intraviscerale, resistenza all’insulina, aumento dei trigliceridi, abbassamento del colesterolo Hdl, aumento della pressione arteriosa, aumento dell’uricemia e dell’infiammazione sistemica”.

Promosso a pieni voti invece il peperoncino “molto utile perché antinfiammatorio”. “Nel peperoncino – spiega il nutrizionista – troviamo preziosi nutrienti come la vitamina C (quasi 230 mg/100 g, mentre il limone ne contiene circa 50 mg) che è un noto immunostimolante, insieme a antiossidanti, minerali, etc. Ma il peperoncino contiene anche il capsiato e i suoi diidro-derivati, che hanno dimostrato di avere la capacità di indurre in laboratorio la morte spontanea nelle cellule tumorali, proprio come la pungente capsaicina principio attivo noto per le proprietà antidolorifiche. Evidenze scientifiche suggeriscono che possa trattarsi anche di un principio attivo dall’azione antibatterica, analgesica nonostante la sensazione irritante è sicuramente benefica purché, come ogni spezia, sia assunta con moderazione per gli effetti veramente farmacologici attribuiti”.

Mangiare in bianco non aiuta. “Il riso come la pasta contiene amido (il riso più della pasta a dire il vero), che si compone di catene di glucosio. Un’elevata quantità di glucosio – afferma Bianchini – può essere dannosa per il sistema immunitario, compromettendo la sua capacità di combattere le infezioni. Se c’è troppo glucosio nel corpo, può verificarsi un eccesso di produzione di sostanze infiammatorie, che può danneggiare l’equilibrio del sistema immunitario e portare a problemi come infiammazioni croniche e malattie infiammatorie croniche”.

Anche la classica spremuta d’arancia, secondo Bianchini “ha alcuni limiti”, perché “quando la beviamo assumiamo più zuccheri di vitamine e sappiamo come gli zuccheri inneschino il meccanismo infiammatorio. Il rapporto rischio/beneficio di una spremuta è sfavorevole: bastano 5 grammi di zucchero per attivare la risposta insulinica e in un bicchiere da 100 ml ci sono ben 8 grammi di zucchero”. Quanto alla carne e le uova, il nutrizionista sostiene: per “combattere certi patogeni in modo naturale e permettere al sistema immunitario di rinforzarsi e abituarsi a combattere con le proprie armi, meglio avere a disposizione nutrienti favorevoli a ridurre lo stato infiammatorio – spiega il nutrizionista – che prediligere quelli che lo provocano. Ad esempio lo zinco che è un microelemento fondamentale per la vita. E’ stato dimostrato scientificamente il suo ruolo benefico nelle affezioni alle vie respiratorie, nella riduzione delle infezioni e nell’azione immunostimolante”. E “la carne, soprattutto quella rossa, è una delle migliori fonti di zinco”, insieme alle “uova, (specialmente il tuorlo), i prodotti della pesca, il latte e i suoi derivati, che garantiscono complessivamente un ulteriore 30% dello zinco assunto con la dieta”.

(Adnkronos)