Kluge (Oms Europa): “Italia non aderirà a Green pass? Ci rifletta bene”

(Adnkronos) – “Il Green pass” globale “proposto dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dall’Ue è una sorta di fascicolo sanitario elettronico, come quello fornito dalle autorità sanitarie locali, ma verificabile e accettato in tutto il mondo. Ogni Paese sovrano ha il diritto di decidere se aderire al nuovo sistema di Green pass. Vorrei incoraggiare tutti i Paesi – compresa l’Italia – a riflettere attentamente su come gestirebbero la prossima crisi sanitaria”. E’ un invito a considerare tutti gli elementi, anche gli scenari futuri, quello lanciato da Hans Kluge, direttore dell’Ufficio regionale dell’Oms per l’Europa, in un’intervista all’Adnkronos Salute in occasione della sua visita in Italia per celebrare il 20esimo anniversario dell’Ufficio Oms di Venezia.  

Oggi nel capoluogo veneto – alla presenza di istituzioni italiane e internazionali, e di leader di settori chiave, dall’economia alla salute e allo sviluppo sostenibile – si parla anche di questo: di come costruire società resilienti e più sane, che non lascino indietro nessuno. “Crediamo che ci sia bisogno di più, e non di meno, cooperazione e scambio per aiutare a prevenire o rispondere alla prossima grande emergenza sanitaria”, avverte Kluge. E infatti, aggiunge, “l’Oms Europa lancerà alla fine di questo mese una Rete paneuropea per il controllo delle malattie, composta da Paesi Ue e non Ue della regione europea, che include l’Asia centrale”.  

“La pandemia – evidenzia – ha dimostrato che molte delle sfide odierne per i sistemi sanitari sono sfide condivise, cosa che sta spingendo la Commissione europea a presentare proposte per un’Unione sanitaria europea più forte. Sebbene l’obiettivo primario sia rafforzare il quadro di sicurezza sanitaria dell’Ue in risposta alle minacce transfrontaliere, ciò è accompagnato da un rinnovato e più ampio impegno politico per migliorare i sistemi sanitari europei e investire nella loro resilienza e sostenibilità”. L’Oms Europa, assicura Kluge, “accoglie con grande favore questa iniziativa e il riconoscimento esplicito che sia le minacce sanitarie note sia quelle ancora sconosciute sono nostra responsabilità condivisa, perché virus e batteri non conoscono confini”. Da qui l’impegno per la Rete paneuropea per il controllo delle malattie. “Questa – spiega – è stata una delle raccomandazioni chiave di una commissione indipendente, presieduta dall’ex premier italiano Mario Monti, sugli insegnamenti tratti dalla pandemia”.  

I componenti di questa nuova rete per il controllo delle malattie “punteranno a rilevare, verificare e notificare rapidamente l’uno all’altro eventuali nuove minacce sanitarie in evoluzione, dalle malattie infettive emergenti alla resistenza antimicrobica”, illustra Kluge.  

Dopo la pandemia, i temi della condivisione delle informazioni e della cooperazione sono molto sentiti. Per questo il direttore di Oms Europa, anche in relazione al Green pass globale, invita i Paesi a riflettere su come potranno gestire la situazione quando la prossima crisi sanitaria colpirà.  

“A livello globale – ricorda Kluge – l’incapacità di prevenire e quindi poi di gestire adeguatamente la pandemia di Covid-19 ha comportato un’immensa perdita di vite umane e di salute, nonché un’interruzione senza precedenti delle attività sociali ed economiche in tutto il mondo”. Aver sperimentato tutto ciò “ha creato lo slancio per riformare l’architettura sanitaria globale. Come parte di questo processo è stato suggerito un Green pass globale, che sarebbe fondamentalmente un’estensione e digitalizzazione della cosiddetta ‘Yellow card'”, una sorta di ‘passaporto medico’, “in uso anche in Italia, necessaria per verificare la vaccinazione contro alcune malattie pericolose e richiesta per l’ingresso in alcuni Paesi”, conclude. 

“Quest’anno, il 2024, segna il momento in cui in Europa il numero di persone anziane (over 65) supererà il numero di bambini e adolescenti (di età inferiore a 15 anni), con implicazioni significative sulla politica sanitaria. Si vive sempre più a lungo, in parte grazie a una migliore assistenza sanitaria. E si stima che entro il 2050 l’Ue ospiterà circa 500mila persone di età pari o superiore a 100 anni. Immaginatelo: mezzo milione di centenari in Europa entro i prossimi 26 anni”, ha detto ancora Kluge.  

“Almeno la metà della nostra salute è determinata dai fattori sociali ed economici (come istruzione, alloggio e reddito)”, ricorda Kluge. E con l’aumento degli over 65 che popoleranno sempre di più la regione, e il grande ‘sorpasso’ sui giovanissimi, “prevenire situazioni di cattiva salute nell’arco della vita di una persona è fondamentale se vogliamo alleggerire la pressione sui nostri servizi sanitari sovraccarichi. E questo ci impone di affrontare le disuguaglianze sanitarie, sociali ed economiche in tutta la regione europea. Gli ultimi due decenni le hanno viste crescere. I ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. E i nostri sistemi sanitari finanziati con fondi pubblici faticano a tenere il passo con la domanda” di prestazioni “che aumenta e con risorse inadeguate”.  

“Molti più anziani vivono non solo in condizioni di salute precarie evitabili, ma anche in case e quartieri poveri, altro fattore evitabile, lottando per riuscire sbarcare il lunario e scegliere tra” bisogni primari come “l’acquisto di medicinali e il riscaldamento della propria casa”, conclude il direttore di Oms Europa, ricordando l’impegno su questo fronte dell’Ufficio Oms di Venezia, che “negli ultimi 20 anni ha prodotto evidenze su cosa dobbiamo fare per ridurre privazione e povertà, e su come farlo”. 

“Il 13 maggio 2020, l’Ufficio regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per l’Europa ha pubblicato un documento intitolato ‘Una sfida senza precedenti: la prima risposta dell’Italia a Covid-19’. Il documento, scritto da esperti indipendenti, si concentrava sulla risposta del Governo italiano alla pandemia. Gli obiettivi del rapporto erano documentare le prime lezioni apprese dalla risposta italiana e condividerle con i Paesi che non erano ancora nella fase epidemica conclamata”, ha affermato Kluge. 

“La pandemia di Covid-19 era senza precedenti e la stragrande maggioranza dei Paesi – se non tutti – hanno dovuto affrontare sfide enormi, inclusa l’Italia che è stato il primo Paese della regione europea ad essere duramente colpito”, ha evidenziato ancora in occasione della sua visita in Italia per il 20esimo anniversario dell’Ufficio Oms di Venezia, cercando di spiegare il valore del report finito al centro di polemiche. “All’Oms crediamo nel potere della scienza e delle evidenze, e nella possibilità di imparare gli uni dagli altri. E questo era lo scopo previsto del rapporto sulla risposta iniziale dell’Italia a Covid”, conclude.  

“La prosperità economica e l’equità sanitaria non sono in contrasto tra loro. Se vogliamo costruire società più sane, felici, eque e stabili, dobbiamo ripensare l’economia moderna e sono orgoglioso del ruolo cruciale che l’Ufficio Oms di Venezia ha giocato e sta giocando per aiutarci a raggiungere questo obiettivo. Sono impaziente di andare avanti con questa partnership con l’Italia come Paese ospitante per questo lavoro vitale”. La lotta alle disparità in materia di salute è un impegno di lungo corso dell’Ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità per gli investimenti per la salute e lo sviluppo (Oms/Europe Venice Office), assicura Kluge. 

“Obiettivo chiave” dell’ufficio in Italia è infatti “quello di mettere in luce le evidenti disuguaglianze sanitarie nelle nostre società e offrire soluzioni su come affrontarle”, ha spiegato. Le istituzioni italiane e internazionali partecipanti si confrontano su questa sfida, che è diventata sempre più un’urgenza “perché – osserva Kluge – purtroppo una buona salute non è universale, dipende in gran parte da dove sei nato e dalle opportunità che hai nella vita. Le disuguaglianze sanitarie sono principalmente determinate da fattori sociali ed economici. E i determinanti non medici della salute (come l’istruzione, il reddito e la sicurezza del lavoro) possono avere un impatto maggiore rispetto all’assistenza sanitaria o alle scelte di vita. Dobbiamo innanzitutto affrontare le ragioni della cattiva salute per migliorarla”. 

Fra le varie attività portate avanti in questi due decenni, “l’ufficio di Venezia sta mettendo insieme i settori finanziario e di sanità pubblica con le banche centrali per trovare un terreno comune” e far sì che “le alleanze tra partner che solitamente non collaborano possano effettivamente produrre risultati positivi di salute per le persone, ovunque e allo stesso modo. Il lavoro pionieristico della sede veneziana contribuirà a porre le basi per il prossimo Wellbeing Economy Forum in Islanda a giugno e per il Forum of the Future delle Nazioni Unite a settembre”, continua Kluge, dicendosi poi “grato” all’ex premier Mario Monti “per aver presieduto la Commissione paneuropea sulla salute e lo sviluppo sostenibile, che ha formulato una serie di raccomandazioni basate sulle lezioni apprese da Covid. Tra queste l’appello per la creazione di una task force globale su salute e finanza, subito accolto dal G20, di cui ovviamente l’Italia è parte”. 

 

 

(Adnkronos)