L’infettivologa: “Giovani con Hiv tra i più insoddisfatti delle terapie”

“Tra i pazienti con Hiv i giovani sentono in particolare tutto il peso della malattia, ma sono anche i più insoddisfatti del regime terapeutico in corso. Dobbiamo pensare a nuove strategie di trattamento, tra cui le cosiddette terapie a lungo termine, che non prevedono l’assunzione della pillola quotidiana. Il trattamento deve essere più semplice e facile da assumere, ma non è l’unico aspetto a pesare sul paziente. Le persone che vivono male a causa dell’infezione da Hiv e della terapia sono le stesse che necessitano di un maggior contatto con il proprio medico infettivologo, come è emerso dalla survey condotta da Fondazione Icona e che ha coinvolto 600 pazienti. Un bisogno talvolta insoddisfatto. Invece, il dialogo con clinico di riferimento è un aspetto fondamentale perché aiuta il paziente a migliorare la sua qualità di vita e il suo stato di salute globale”. Lo afferma Antonella Cingolani, medico infettivologo della Fondazione Policlinico ‘A. Gemelli’ Irccs, Università Cattolica Sacro Cuore Roma.  

E a proposito dell’indagine promossa da Fondazione Icona, con il sostegno delle associazioni di pazienti e il supporto di ViiV HC, per capire quali sono le attese e le preoccupazioni sulla terapia delle persone con Hiv in Italia, e i cui risultati sono stati presentati in occasione del Congresso Icar2021 in corso a Riccione, Cingolani non ha dubbi: “Si tratta di dati di grande interesse per il nostro lavoro di ogni giorno. Tuttavia, colpisce che, nonostante la stragrande maggioranza delle terapie anti-Hiv oggi disponibili siano racchiuse in un’unica compressa, quasi il 20% dei soggetti riferisca un peso “eccessivo” del trattamento e della malattia. In particolare, l’insoddisfazione al trattamento e lo scarso dialogo con il medico infettivologo minano significativamente il benessere dei pazienti. Questi aspetti, e su questo c’è ovviamente da lavorare anche in termini di comunicazione e attenzione, sono più rilevanti nei più giovani”.  

Dallo studio emerge che l’età dei pazienti ha un ruolo fondamentale nella percezione della malattia. “Le persone che sono cresciute con l’Hiv, e che oggi hanno disposizione terapie molto semplici, si sono in qualche modo abituate a convivere con la malattia. Invece – conclude l’infettivologa – per i giovani dobbiamo pensare a nuove strategie di trattamento che non prevedano più l’assunzione giornaliera di un farmaco”.  

(Adnkronos)