(Adnkronos) – “Un approccio originale e unico per migliorare la salute globale, orientato al paziente e non ai brevetti, di piena trasparenza e condivisione delle informazioni in campo scientifico e sanitario”. Grazie a questa strategia, un modello ‘made in Italy’ che da oltre 60 anni rappresenta un esempio nel mondo, l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri ha ricevuto in Scozia, durante il Festival della scienza di Edimburgo, la Edinburgh Medal assegnata dalla Edinburgh Science Charity.
“La Edinburgh Medal premia i pionieri del mondo della scienza che agiscono per migliorare la società”, dichiara Simon Gage, direttore e Ceo della Edinburgh Science Charity. Quest’anno la medaglia va invece a un istituto di ricerca, il Mario Negri fondato e presieduto dal farmacologo Silvio Garattini, come riconoscimento a un “approccio che lodiamo e da cui ci sentiamo ispirati”, sottolinea Gage. “Il modo in cui la maggior parte dei farmaci e molti trattamenti vengono ideati e prescritti – osserva – è troppo spesso guidato dalle forze del profitto e del protezionismo. Questo nonostante la maggior parte della ricerca di base venga finanziata dai contribuenti. Le eccessive prescrizioni, i prezzi elevati che impediscono un facile accesso, la mancanza di interesse per le malattie rare percepite come non redditizie e la riluttanza a condividere i risultati degli studi sono alcuni dei sintomi dell’attuale assetto che ostacolano l’ottimizzazione della salute della popolazione globale. L’Istituto Mario Negri ha un approccio diverso”, che ha spinto l’ente di beneficenza educativo a insignire l’Irccs del suo premio annuale. Ma anche a chiedersi “perché il Regno Unito non abbia un proprio istituto di questo tipo” e a sollecitarne “la fondazione”.
Nato in Italia nel 1963, il Mario Negri – ricordano dall’istituto – è un ente morale senza scopo di lucro che opera nel campo della ricerca biomedica al servizio della salute pubblica. Guidato dall’imperativo etico di rimanere indipendente rispetto a interessi commerciali, partiti politici e credo religiosi, sceglie di non brevettare le proprie scoperte, mettendole a disposizione di tutti, comunità scientifica e pazienti, per garantire la massima collaborazione senza dover sottostare a confidenzialità e segretezza dei dati. Il Mario Negri assicura piena trasparenza e rigore nella pianificazione, realizzazione e pubblicazione della ricerca. Nel condurre test sui nuovi farmaci, li confronta con i migliori già disponibili – e non con placebo – per verificarne il reale progresso”.
Garattini rimarca l’importanza dell’Edinburgh Medal, “che è particolarmente rilevante perché premia oltre 60 anni di attività nel campo della ricerca sui farmaci, della formazione dei ricercatori e nella informazione indipendente al pubblico”.
Guseppe Remuzzi, direttore dell’Irccs, si dice “molto onorato di ricevere la prestigiosa Edinburgh Medal a nome dell’istituto. Questo premio – afferma – è un meritato riconoscimento dell’impegno e della dedizione di tutti i ricercatori che hanno lavorato per il Mario Negri in questi anni: la loro passione e i loro sacrifici sono stati assolutamente fondamentali, perché preservare la nostra indipendenza ha un prezzo elevato. La Edinburgh Medal riconosce anche il contributo di tutti i ricercatori che abbiamo formato, in particolare l’impressionante numero di oltre 9.200 persone che hanno approfondito il proprio percorso di studio e ricerca al Mario Negri. Oggi molti enti di ricerca in Italia sono guidati da persone che si sono specializzate all’interno dell’istituto. A livello internazionale, sono molti i ricercatori formati al Mario Negri che occupano posizioni importanti, tra cui consulenti del ministero della Salute nei loro Paesi d’origine, in importanti organizzazioni internazionali di trapianti, o dirigenti all’interno delle università. Uno dei nostri ex studenti è stato rettore dell’Università Austral del Cile. Siamo particolarmente orgogliosi di aver avuto un ruolo nella loro formazione”.
“Il Mario Negri è un istituto di ricerca italiano con una reputazione globale senza pari in questo Paese”, commenta Richard Horton, direttore della rivista ‘The Lancet’.