Sclerosi Multipla, arriva in Italia la prima terapia domiciliare ad alta efficacia

(Adnkronos) – Si chiama ofatumumab, è una terapia ad alta efficacia per adulti con sclerosi multipla recidivante remittente (Smrr), mirata alle cellule B. Segni particolari: è un trattamento ad alta efficacia a domicilio. Il paziente se lo somministra a casa, per via sottocutanea. Il farmaco Kesimpta*, sviluppato da Novartis, ha ottenuto il via libera dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa alla rimborsabilità per quelle forme in cui il paziente presenta riacutizzazioni seguite da periodi con sintomi più lievi o assenti.  

“E’ sempre un risultato importante quando arriva una nuova arma per combattere la malattia. In questo caso ancor di più, per alcuni aspetti – spiega oggi durante un incontro a Milano Maria Trojano, professore ordinario di Neurologia all’università degli Studi ‘Aldo Moro’ di Bari e direttore dell’Unità operativa complessa Neurologia e Neurofisiopatologia dell’Azienda universitaria ospedaliera Policlinico di Bari – La molecola ha dimostrato di avere un’alta efficacia e si colloca in questa categoria di farmaci. Ha un rapporto sicurezza-efficacia molto buono: nei 2 anni di osservazione degli studi di fase 3 non ha mostrato di dare eventi avversi più frequentemente rispetto a un farmaco di prima linea, iniettabile o orale. E il vantaggio più grande è l’essere di facile uso. Perché i farmaci di questa classe dei quali già disponiamo hanno necessità di infusioni endovenose e i pazienti sono costretti a venire nei nostri centri, con conseguente affollamento di persone e rischi di infezione come durante il periodo della pandemia”. 

“Avere un farmaco ad alta efficacia che può essere autosomministrato sottocute – prosegue Trojano – migliora la qualità di vita del paziente”. Ofatumumab ha “un meccanismo d’azione molto specifico, in quanto va a colpire una sottopopolazione di globuli bianchi che sono i linfociti B, il cui ruolo appare oggi fondamentale nella demielinizzazione e in alcuni aspetti della neurodegenerazione – illustra la specialista – Sono cellule che possono attivare i linfociti T, protagonisti più noti della malattia; e ancora possono di per sé trasformarsi in plasmacellule e produrre degli autoanticorpi contro alcuni antigeni del sistema nervoso centrale e produrre citochine. E formano dei follicoli in alcune fasi della malattia nelle meningi dei pazienti. Quindi si capisce bene come andare ad attaccarli è sicuramente vantaggioso perché tutti questi meccanismi vengono tenuti a freno”.  

La sclerosi multipla è una patologia neuroinfiammatoria cronica che ostacola il normale funzionamento del cervello, dei nervi ottici e del midollo spinale attraverso l’infiammazione e perdita del tessuto, portando nel tempo a diversi gradi di disabilità fisica ed emotiva. Solo in Italia colpisce 130mila persone e la sua incidenza è di circa 3.400-3.500 nuovi casi all’anno, la maggior parte nella fascia più giovane e produttiva della società (20-40 anni), con una prevalenza doppia nelle donne rispetto agli uomini.  

Circa l’85% dei diagnosticati ha inizialmente la forma recidivante remittente. Può cominciare con il paziente che ha “un offuscamento della vista e dolore agli occhi” o con una “difficoltà a camminare o muovere degli arti”, o ancora con “disturbi di tipo cerebellare”, descrive Claudio Gasperini, direttore dell’Unità operativa complessa di Neurologia e Neurofisiopatologia all’ospedale San Camillo-Forlanini e coordinatore del Gruppo della Società italiana di neurologia (Sin) per la sclerosi multipla. Ed esiste “tutto un corredo sintomatologico anche meno frequente, che va dalla fatica alla depressione, fino alle crisi epilettiche”. Quindi espressioni “veramente eterogenee correlate alla localizzazione” in cui può colpire la malattia, dal cervello al midollo.  

Questo significa, prosegue l’esperto, che è “una malattia difficile da diagnosticare, anche se negli ultimi anni abbiamo affinato la nostra capacità di fare diagnosi, abbiamo cambiato i criteri diagnostici, c’è stata una campagna informativa e una sensibilizzazione sulla sintomatologia clinica, proprio perché è importante fare una diagnosi precoce per poter iniziare quanto più precocemente possibile il trattamento”. In questi anni “sono cambiate moltissime cose – osserva Mario Alberto Battaglia, presidente Fondazione italiana sclerosi multipla e direttore generale Associazione italiana sclerosi multipla (Aism) – Si sottolinea sempre che la sclerosi multipla è una di quelle malattie in cui la ricerca ha dato i risultati più importanti in questi ultimi 25 anni, per la capacità di affrontarla complessivamente”.  

“E se circa 50 anni fa le persone affrontavano una malattia difficile per la quale non c’era nulla da fare, oggi le prospettive sono diverse ed è anche possibile, se si interviene adeguatamente con gli approcci oggi a disposizione, non raggiungere quasi mai quella grave disabilità a cui una volta si approdava”, dice Battaglia. “L’obiettivo che ci poniamo come specialisti – continua Gasperini – è quello di far intraprendere al paziente un percorso terapeutico adeguato e specifico per il suo quadro clinico, il ‘vestito’ giusto al paziente giusto, fin dall’insorgenza della malattia. Poter rallentarne la progressione, ridurre la frequenza e il numero di recidive, ci permette infatti di limitare la disabilità dei pazienti e di migliorare la loro qualità di vita”.  

Per quanto riguarda la nuova terapia ad alta efficacia ofatumumab, i due studi gemelli di fase 3 Asclepios I e II, su cui si basa l’approvazione Aifa, hanno mostrato una riduzione delle ricadute annuali di oltre il 50% rispetto a teriflunomide e una riduzione del rischio relativo di progressione della disabilità confermata a 3 mesi superiore al 30%. In termini di efficacia, quasi 9 pazienti su 10 raggiungono lo stato di non evidenza di attività della malattia (Neda-3) nel loro secondo anno di trattamento. E il profilo di sicurezza è simile a quello di un trattamento di prima linea per la sclerosi multipla. Ofatumumab si somministra con una penna autoiniettiva, una volta al mese direttamente a casa. “Le evidenze dimostrano che l’inizio precoce di un trattamento ad alta efficacia può avere esiti positivi a lungo termine sul miglioramento della qualità di vita del paziente”, osserva Trojano, secondo cui il profilo di ofatumumab “lo candida a diventare un trattamento di prima scelta per i pazienti con forme recidivanti e remittenti”.  

“Siamo orgogliosi – commenta Giuseppe Pompilio, Value, Access&Regional Partnership Head di Novartis Italia – di poter oggi disporre di un trattamento domiciliare e ad alta efficacia, frutto di un percorso di collaborazione motivato dal desiderio di fornire risposte concrete ai bisogni dei pazienti garantendo un accesso alle cure in tempi sempre più stretti oltre che servizi in grado di supportarli nella loro gestione della patologia. Un impegno a sostegno di una sanità sempre più efficiente, sostenibile e vicina ai pazienti, in linea con l’indirizzo del Pnrr che coniuga salute e assistenza domiciliare delle cure”.  

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