MANTOVA – 13,1 miliardi in meno destinati alla sanità negli ultimi 3 anni, 41,3 miliardi a carico delle famiglie, portano 1 italiano su 10 a rinunciare alle cure. Italia al secondo posto in Europa per numero di medici, ma in coda per gli infermieri, solo il 4,4% delle case di comunità è attivo. In Lombardia tengono le eccellenze, ma perde terreno la sanità territoriale che perde 11 punti nei Livelli essenziali di Assistenza. Le regioni più giovani ricevono quote pro-capite inferiori alla media nazionale in Lombardia -€ 268,5 milioni. Sono solo alcuni dei dati dell’8° rapporto della Fondazione Gimbe che è stato presentato due giorni fa a Roma e questa mattina all’università di Mantova durante l’incontro “Mantova Università Aperta: La Cultura della Cura “.
“Nel nostro rapporto 2025 – commenta il Presidente di Fondazione GIMBE Nino Cartabellotta, medico specialista in Gastroenterologia e in Medicina Interna – abbiamo documentato che c’è una grande difficoltà di accesso alle cure, ci sono liste d’attesa molto lunghe nel sistema pubblico, aumento importante della spesa privata e ci sono circa 5,8 milioni di persone nel 2024 che hanno rinunciato a una o più prestazioni sanitarie o per motivi economici o lunghezza liste d’attesa. Non c’è nessun disegno di privatizzazione, ma se il pubblico arretra varie modalità di organizzazioni private avanzano per soddisfare richieste che però possono essere utilizzate solo da chi ha le possibilità economiche per farlo”.
Dati questi che vanno quindi a compromettere l’universalismo su cui si basa il Servizio Sanitario Nazionale perdendo i principi di equità e di uguaglianza che fondavano il nostro sistema. Ma com’è la situazione in Lombardia?
“Il sistema sanitario lombardo – spiega Cartabellotta – si è sempre mantenuto a livelli di eccellenza se noi guardiamo le cosiddette punte di diamante e in Lombardia ci sono strutture di straordinaria eccellenza in tutti i campi dal punto di vista specialistico, ma non si possono valutare solo quelle, perchè c’è tutta una parte di bisogno legata soprattutto agli anziani, ai fragili che hanno più bisogno di servizi territoriali che delle eccellenze e su questi aspetti il sistema lombardo ha fatto dei passi indietro, tanto che nella classifica Lea (Livelli essenziali di assistenza) quest’anno ha perso 11 punti”.
Da qui la necessità di effettuare una seria riflessione, non solo in Lombardia, ma in tutta Italia perchè ovunque l’area territoriale è quella più critica. E questo è stato messo in luce soprattutto durante la pandemia: “Il Covid ha fatto in modo che si prendesse coscienza di un problema del servizio pubblico, ma nonostante tanti proclami di tutte le forze politiche non è stato fatto nulla. Gli investimenti sono rimasti minimali, la riorganizzazione del territorio è ancora un lontano miraggio, anche i fondi del Pnrr sono indietro, non tanto per la costruzione, quanto per il funzionamento, visto che manca il personale soprattutto infermieri. Il Covid ha dato una bella lezione, ma questa lezione non si è ancora concretizzata nei risultati tangibili e nel frattempo l’assistenza in termini di qualità complessiva è andata indietro“.
Senza riforme serie, difficile ci sia una ripresa spontanea. “Senza un deciso rifinanziamento a partire dalla Legge di Bilancio 2026 – avverte Cartabellotta – questo divario tra stima di spesa e risorse allocate costringerà le Regioni a scelte dolorose per i propri residenti: ridurre i servizi o aumentare la pressione fiscale”
Un incontro, quello di oggi, organizzato da Fondazione UniverMantova e dagli atenei Convenzionati aperto agli studenti, alla cittadinanza, agli Stakeholder del mondo sanitario e della cura nato inizialmente dalle lauree sanitarie afferenti all’Università Mantovana con l’obiettivo di portare un contributo del mondo dell’accademia e delle organizzazioni scientifiche indipendenti, come Fondazione GIMBE, alla discussione sul tema della Cura.
La mattinata ha preso il via con l’esposizione del nuovo rapporto di Fondazione Gimbe, a seguire l’intervento di Francesco Castelli, Rettore dell’Università degli Studi di Brescia, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive presso la Asst Ospedali Civili di Brescia “Il mio compito è quello di fare delle riflessioni su quello che il report della Fondazione Gimbe esposto dal dottor Cartabellotta ha messo in evidenza – ha commentato Castelli – sulla base dello stato di salute del SSN con le luci e le ombre si deve adattare l’insegnamento delle professioni sanitarie a quelli che sono i bisogni del servizio sanitario e quindi di tutti i cittadini. La sfida, quindi, è quella di allineare e aggiornare la formazione dei professionisti sanitari a quelle che sono le sfide sanitarie”.
“La sanità italiana ha fatto scuola nel mondo per tanti decenni, è vero – conclude Castelli – che negli anni c’è stata una tendenza sempre maggiore all’aspetto di cura piuttosto che all’aspetto di prevenzione che è qualcosa che tipicamente ha il territorio. La soluzione è quella di riportare l’attenzione sull’importanza del territorio facendo capire che gli aspetti di prevenzione non solo sono quelli più graditi ai cittadini, ma sono anche quelli che nel lungo periodo portano dei risparmi laddove si prevengano delle malattie e in un sistema basato sulla fiscalità sarebbe sicuramente un vantaggio per tutti”.
Effettivamente i dati diffusi nelle scorse settimane da Ats Val Padana sottolineano la scarsa attenzione agli screening, anche a quelli gratuiti offerti dalla Regione, circa un 1/3 delle donne tra i 45 e i 74 anni che potrebbero effettuare la mammografia non si presentano.
Il report completo 2025 è consultabile sul sito della Fondazione Gimbe