Bce, taglio dei tassi: cosa cambia per mutui, titoli di Stato, Pil

 Il primo pensiero va ai mutui. La decisione della Bce di tagliare i tassi di riferimento di 25 base ha conseguenze dirette sulle rate dei contratti a tasso variabile e concorre anche a determinare il costo dei nuovi contratti, siano a tasso fisso o variabile. Ma la riduzione del costo del denaro ha ripercussioni importanti anche sul altri fronti sensibili dell’economia: i titoli di Stato e quindi la gestione del debito pubblico, il sostegno alla crescita e il controllo dell’inflazione.

Gli effetti del taglio dei tassi sulla rata dei mutui dipendono chiaramente dall’importo e dalle caratteristiche del contratto. Si possono fare simulazioni infinite, come quelle che arrivano dalle associazioni dei consumatori e dalle società specializzate, ma un singolo taglio da 25 punti base come quello di oggi produce un impatto limitato sulla rata di un mutuo a tasso variabile (Facile.it calcola 18 euro per un mutuo di 126mila euro a 25 anni). Altro discorso per una sequenza di tagli, con gli analisti che prevedono tre o quattro riduzioni del costo del denaro nel corso del 2024, arrivando un taglio di 100 punti base. La riduzione del costo del denaro migliora anche le condizioni di accesso al mercato, per i nuovi contratti di mutuo, sia per la formula a tasso fisso sia per quella a tasso variabile. Questo, anche considerando che la Bce ha alzato i tassi per 9 volte negli ultimi 5 anni, che sono fermi al loro massimo storico da settembre scorso e che l’ultimo taglio risale al 2019, era Draghi.

Due gli effetti più immediati sul mercato dei Titoli di Stato. Sale il prezzo dei titoli già in circolazione e scende l’interesse che deve essere pagato, e quindi il rendimento, per le prossime emissioni, che diventano meno costose per lo Stato ma anche meno appetibili per chi vuole acquistare. L’Italia, con un debito intorno al 140 per cento del Pil, beneficia da una parte nel lungo termine della riduzione dei tassi, con l’Ufficio Parlamentare di Bilancio che calcola un risparmio di 3 miliardi con una diminuzione dei tassi di 100 punti base nel corso del 2024, ma corre il rischio di avere problemi a collocare i suoi bond.

La riduzione del costo del denaro ha conseguenze anche sulla domanda che, come da dottrina economica di base, spinge a sua volta la crescita del Pil. Le condizioni più vantaggiose di mutui e prestiti per le imprese stimolano il mercato immobiliare, favoriscono gli investimenti e producono le condizioni per una accelerazione dell’attività economica e dei consumi, con ricadute positive anche per l’occupazione. Al contrario, come evidenziato anche dal Governatore di Bankitalia Fabio Panetta, esitazioni nell’adeguamento dei tassi di interesse al calo dell’inflazione scoraggiano le imprese dall’investire, comportando il rischio di una nuova stagnazione.

Ad aprile nell’Eurozona i prezzi sono aumentati del 2,4 per cento rispetto ad aprile dello scorso anno, un dato stabile rispetto al mese prima e soprattutto un dato vicino all’obiettivo previsto dal mandato della Bce, quello di tenere i prezzi intorno al 2%. Il compito della Banca centrale europea è infatti quello di mantenere stabili i prezzi, facendo in modo che l’inflazione – ovvero il tasso al quale il livello generale dei prezzi di beni e servizi varia nel tempo – resti bassa, stabile e prevedibile. Le attuali condizioni hanno consentito e anzi suggerito il taglio dei tassi. La cautela mostrata finora, e anche la portata del taglio deciso, dipende dal fatto che la riduzione del costo del denaro ha tecnicamente un impatto al rialzo sui prezzi, che la Banca centrale ritiene vada tenuto sotto controllo. (Di Fabio Insenga)

 

(Adnkronos)