Governo, Follini: “Maggioranza divisa su politica estera nuoce al Paese”

(Adnkronos) – “La crisi internazionale accentua e quasi esaspera la crisi politica italiana. E insieme, paradossalmente, la contiene e sembra quasi minimizzarla. I partiti litigano tra loro e litigano con il premier. Non tutti, e non allo stesso modo. Eppure si avverte una tensione che in altre condizioni sfocerebbe facilmente in un cambio di governo e magari anche nelle elezioni anticipate. Tutte cose che lo scenario globale rende lunari. Così, si continua in attesa non si comprende bene di cosa. Apparentemente senza un punto di caduta. 

Le due difficoltà che Draghi ha incontrato in questi giorni si incarnano nei due leader più irrequieti della sua compagine: Salvini e Conte. Il primo ha preso le distanze dalla decisione di espellere una trentina di diplomatici russi. Decisione presa chiaramente di concerto con gli altri paesi europei. Dunque si può intuire che la sua obiezione vada oltre il caso in questione e riguardi il cuore del conflitto. Il secondo insiste nel contrastare l’aumento delle spese per la difesa. Aumento che pure lui stesso a suo tempo aveva sottoscritto. Ma che da tutti i sondaggi non risulta in cima alle priorità del sentimento popolare, cosa che non induce certo a ripiegare le insegne del disarmo. 

Sullo sfondo ci sono poi tutte le difficoltà legate all’economia. I litigi di queste ore sulla delega fiscale. La spirale dei prezzi delle materie prima. Le difficoltà di approvvigionamento energetico. L’ombra di una possibile recessione in agguato. Il debito che lievita come un soufflé. Non a caso le cifre, finora piuttosto ottimistiche, sull’aumento del pil sono state riviste e tendono drammaticamente al ribasso. Piano piano si svelano i contorni di un’economia di guerra, e non è certo un bel vedere. 

In questo scenario è ovvio che nessuno si può avventurare oltre il limite di una crisi. Quello che forse è meno ovvio è il fatto che paradossalmente proprio l’inesorabilità di questo limite autorizza a volte a litigare perfino con maggiore disinvoltura. Dato che appunto la disputa sembra svolgersi dentro apparenti margini di sicurezza. Salvo scoprire l’indomani che un paese diviso su questi argomenti si troverà sempre più a malpartito in un contesto internazionale così fosco.  

Ed è appunto qui che la situazione rischia di avvitarsi pericolosamente. Infatti non è mai mancata nell’opinione pubblica una robusta corrente avversa ad alcune scelte fondamentali sui cardini del nostro posizionamento internazionale: l’europeismo e l’atlantismo. Ma questa corrente si esprimeva sempre nelle piazze e sui banchi dell’opposizione. Mai al governo e tra le file della maggioranza. 

Il codice non scritto della prima Repubblica prevedeva infatti che si potesse entrare nella stanza dei bottoni solo a patto di rispettare le alleanze internazionali. Cosa che i socialisti cominciarono a fare fin dalla metà degli anni cinquanta, e i comunisti un paio di decenni dopo. Fu quel passaggio verso il campo, diciamo così, occidentale che consentì ai partiti di sinistra di accedere -non senza fatica- all’area di governo. Percorsi tribolati, che all’epoca facevano i conti con la diffidenza delle cancellerie internazionali e con l’onda di proteste delle manifestazioni giovanili. Ma che infine servirono a rinsaldare le nostre alleanze. 

Ora è ovvio che noi oggi ci troviamo in un mondo assai diverso. Dove sfuma la contrapposizione ideologica tipica della guerra fredda, e dove i Paesi finiscono per muoversi, un po’ tutti, con una certa disinvoltura. Ma proprio i mutamenti dello scenario geopolitico rendono ancora più cruciale che si trovi un minimo di corrispondenza tra i nostri interessi globali e le nostre più modeste formule politiche casalinghe. 

Una maggioranza nella quale ci si divide sulla politica estera, infatti, non è tale. O almeno, svela una fragilità che nuoce agli interessi del Paese. E tanto più in un contesto così turbolento come quello che la crisi ucraina ci consegna”.  

(di Marco Follini) 

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