(Adnkronos) – “Che la politica sia -anche, e molto- un esercizio di pazienza è cosa risaputa. Tanto più in una stagione di impazienze incrociate come quella che stiamo attraversando. Così, occorre molta ponderatezza a Draghi per dar retta a Conte e alle inquietudini del suo movimento. Ne occorre a Conte a sua volta per mantenersi in contatto con una base che chiede a gran voce una cosa e poi il suo contrario. Ne occorre a Salvini per governare una Lega munita ormai di due anime ben distinte. Ne occorre a Letta per amministrare le mille differenze che attraversano il suo partito, per non dire di quelle che devastano da tempo il suo “campo largo”. E via elencando. Ad ognuno dei protagonisti politici si chiede uno sforzo di convivenza con chi è più lontano, e quello sforzo richiede talento e fatica.
Sono le logiche che governano una coalizione larga, disomogenea e raccogliticcia come quella che ha preso forma intorno a Draghi. E che però a loro volta stridono con un diffuso costume politico che ogni giorno fa appello invece al protagonismo, alla spavalderia, all’insofferenza, perfino all’egolatria. E cioè a tutto quello che genera una sorta di nervosismo pubblico sempre più diffuso.
Una grande coalizione (ancorché involontaria, come questa) richiede dunque una grandissima pazienza e un inusitato controllo di sé. Impresa che si sta rivelando piuttosto difficoltosa, però. Infatti, se si vuole evitare di precipitare anzitempo verso il voto occorre per l’appunto che ciascuno dei contraenti del patto stretto intorno al governo Draghi si disponga a convivere con argomenti, stati d’animo e provvedimenti non sempre così facili da condividere -ora dagli uni ora dagli altri. Mentre ovviamente l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale rende quest’impresa di giorno in giorno più faticosa.
Così, si finisce per reclamare la pazienza altrui mano a mano che si esaurisce la propria. E questo esercizio a un certo punto fa scivolare tutti verso una prova di forza che sembra anticipare il confronto elettorale mentre giura di voler rispettare fino all’ultimo il calendario della legislatura.
Il fatto è che anche la pazienza è, per così dire, asimmetrica. E cioè esiste pazienza e pazienza. Ne esiste una più costruttiva, che apre la strada alla faticosa ricerca di compromessi. Ne esiste un’altra più malmostosa, che nasconde a fatica l’insofferenza che pretende di domare. E magari ne esiste un’altra ancora più neghittosa, che si limita ad aspettare tempi migliori senza fare nulla per cercare di propiziarli. E’ evidente che in questa situazione ognuno è portato a mettere sotto accusa l’impazienza altrui, e a dipingerla dei colori dell’irresponsabilità. Trascurando però la circostanza che in un governo di tutti -quale è l’attuale, pur non sembrando tale- il nervosismo dell’alleato finisce con l’essere un moltiplicatore della propria stessa insofferenza. Riconducendo così il nostro estenuante gioco dell’oca alla casella di partenza.
Senza contare che tutto questo rimpallo di impazienze e insofferenze reciproche finisce inevitabilmente per trasmettersi all’elettorato. Il quale sembra assai deluso dagli esiti della stagione populista a cui si era votato quattro anni fa con un entusiasmo degno di miglior causa. Ma non sembra abbastanza confortato dall’idea che, finita quella stagione, se ne prospetti un’altra in cui il nervosismo incrociato delle forze in campo promette un altro periodo di nervosissima instabilità.
Così, l’elettorato si fa a sua volta impaziente. E da un lato reclama il voto appena possibile, senza protrarre oltre una legislatura tanto scombiccherata. Ma dall’altro vorrebbe che almeno questi ultimi mesi non fossero tutti spesi, e magari dissipati, in una campagna anticipata capace di restituirci l’indomani lo stesso nervosismo incrociato e la stessa insofferente impazienza che ci hanno attanagliato fin qui.
Insomma, c’è oggi in campo la pazienza di Draghi, larga ma non infinita. La pazienza dei partiti, in affanno reciproco. E la pazienza degli elettori, che si fa sempre più corta. Conciliare tutte queste (im)pazienze, metterle in fila, renderle meno insofferenti l’una dell’altra diventa via via un’impresa ogni giorno più ardua”.
(di Marco Follini)