No vax e vaccino covid, si può scegliere sangue trasfusione?

(Adnkronos) – Si può scegliere il sangue per una trasfusione? La domanda è attuale alla luce della vicenda che ha coinvolto una coppia di genitori a Modena. Davanti alle gravi condizioni in cui versava il figlio, bisognoso di trasfusione, i genitori si sono opposti al prelievo di sangue da un soggetto vaccinato contro il Covid-19, evidentemente ritenendo che che tale sangue fosse infetto o avvelenato. La vicenda, approdata in tribunale, offre l’occasione – come sottolinea laleggepertutti.it – di affrontare un interrogativo: si può scegliere il sangue della trasfusione?
 

Da un lato la risposta può sembrare ovvia: il sangue “deve” essere scelto, non potendo essere incompatibile il gruppo sanguigno del paziente ricevente con quello del donatore. Ma dall’altro lato non si può invece fare una selezione sulle caratteristiche del donatore: caratteristiche come il sesso, l’origine razziale, le convinzioni religiose o altri elementi di discrimine che, purtroppo, sono riaffiorati proprio negli ultimi anni. 

Allo stesso modo, poiché la scienza ufficiale riconosce la piena bontà dei vaccini Covid-19, non si può escludere il sangue di un donatore solo perché questi ha già ricevuto le dosi di immunizzazione dal Coronavirus. E questo è stato messo nero su bianco dal tribunale di Modena, con il provvedimento che ha appunto deciso sul caso dei suddetti genitori. 

Dunque, non c’è ragione per rifiutare il sangue fornito dal centro trasfusionale regionale che dà garanzie di assoluta sicurezza. Del resto, nel momento in cui si effettua un prelievo di sangue, vengono effettuate verifiche molto accurate sul donatore che prevedono l’esclusione delle persone che, per ragioni cliniche o comportamentali, possono essere considerate a rischio. 

In Italia, in base alla normativa in vigore, su ogni unità di sangue donata deve essere effettuata la ricerca del virus dell’epatite B (HBV), del virus dell’epatite C (HCV), del virus dell’immunodeficienza umana (HIV) e del Treponema pallidum (sifilide). Solo le unità di sangue risultate negative ai suddetti test possono essere utilizzate a scopo trasfusionale. 

Le verifiche vengono poi eseguite anche in un momento successivo, ossia all’atto della trasfusione. Per prevenire il maggior numero di complicanze, prima di effettuare la trasfusione di sangue, si seguono procedure specifiche di tipizzazione e screening anticorpale che prevedono: 

– determinazione del gruppo sanguigno (A, B, 0, AB) e del tipo Rh (positivo o negativo) del donatore e del ricevente; 

– test per rilevare eventuale presenza di malattie infettive; 

– ricerca degli anticorpi irregolari; 

– prove di compatibilità maggiore (cross-match). 

Non può dunque essere preso in considerazione il rifiuto dei genitori di un bimbo che, per motivi religiosi – così almeno, nel caso di specie, avevano tentato di giustificare l’irragionevole richiesta il padre e la madre del minore – pretendano che il sangue delle trasfusioni necessarie a un intervento chirurgico non venga prelevato da soggetti che abbiano ricevuto qualsivoglia vaccino. Una richiesta bocciata dal tribunale che dà conto del fatto che il direttore del Centro Nazionale Sangue istituito presso l’Istituto superiore di sanità ha da tempo dichiarato come “non c’è nessuna differenza tra il sangue di vaccinati e quello dei non vaccinati” mentre Giampietro Briola, presidente dell’Avis, ha affermato che “donare il sangue dopo aver ricevuto il vaccino anti Covid non comporta alcun rischio per i pazienti”. 

Nel merito, prosegue il provvedimento, la comunità scientifica «in maggioranza reputa non verosimile che una trasfusione trasmetta una quantità significativa dell’mRna vaccinale o della proteina Spike, l’uno distrutto dall’organismo dopo pochi giorni, l’altra dopo la vaccinazione non entrante nel circolo sanguigno se non accidentalmente e le concentrazioni tali secondo statistica da non essere dannose». 

Dall’altro lato, e con riferimento alle condizioni dei Testimoni di Geova, secondo le più recenti sentenze della Cassazione, si può rifiutare una trasfusione di sangue, perché la tutela della libertà di professare la propria fede religiosa non può essere compromessa. Ma, dal lato opposto, anche il medico che ha consapevolmente praticato una trasfusione nonostante il rifiuto del paziente non commette un atto illecito e non può essere incriminato per il reato di violenza privata, come ha affermato una recente sentenza della Suprema Corte. Quando poi è in gioco la salute dei figli, la volontà dei genitori si mette da parte per dar spazio invece alla superiore valutazione del giudice che decide secondo l’interesse dei minori, indipendentemente dalle convinzioni religiose dei familiari.  

(Adnkronos)