Obbligo vaccinale, Crisanti: “Sì se protezione 90% per più di un anno”

“Riserve di carattere tecnico” sull’obbligo vaccinale. E’ la posizione di Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, sentito dall’Adnkronos Salute. Da un punto di vista pratico, ovviamente la piena approvazione del primo vaccino Covid – quello Pfizer- da parte della statunitense Fda “non ha nessuna conseguenza locale per l’Europa e per l’Italia, dobbiamo aspettare il pronunciamento degli enti regolatori europei e nazionali e mi aspetto che sia in linea con quanto già fatto dall’ente statunitense. Chiaramente un vaccino che non è più autorizzato ma pienamente approvato può essere legittimamente essere reso obbligatorio. Ma io in questo momento sull’obbligo – non sulla vaccinazione in sé quindi – ho delle riserve di carattere tecnico: mi piacerebbe prima vedere l’efficacia del vaccino attuale contro le varianti. Perché se rendiamo obbligatorio un vaccino di scarsa efficacia facciamo un regalo ai no-vax”. 

“Prima – spiega – mi piacerebbe dunque verificare la durata della protezione” degli attuali vaccini, “mi piacerebbe verificare se si riescono a identificare dei correlati di protezione, qualcosa di misurabile che ci dice se una persona è protetta o meno, mi piacerebbe verificare che livello di protezione hanno con le varianti. Perché lo scenario peggiore potrebbe essere che il vaccino è obbligatorio e poi escono fuori persone che si sono vaccinate e magari ce le troviamo in rianimazione. Questo sarebbe un regalo fantastico ai no-vax. La mia unica riserva è questa”, spiega. “Se invece mi si chiedesse se renderei obbligatorio un vaccino che dà una protezione all’85-90% contro le varianti e che dura più di un anno, la mia risposta sarebbe sì senza esitazione”, aggiunge. 

Capitolo Green pass: si profila la proroga della durata fino a 12 mesi. “Siamo nel campo della creatività. Sono tutte decisioni senza evidenza scientifica”, spiega Crisanti. La durata della protezione dei vaccini Covid, “da quello che si vede in Israele dura intorno agli 8-9 mesi”. 

Quindi portare la durata del Green pass oltre questo arco temporale potrebbe essere un problema, visto che i primi vaccinati, quindi le persone con il certificato verde in scadenza, sono proprio i sanitari? “Basti pensare che in Israele si stanno infettando proprio loro, i sanitari”, osserva il direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Padova che, tornando alla proroga dei Green pass ribadisce: “Queste sono tutte decisioni di carattere creativo che non hanno nulla di scientifico, purtroppo. Non so che cosa rischiamo” in termini di contagi, “so solo che è una decisione non presa sulla base dell’evidenza scientifica. Del resto il Green pass non è uno strumento di sanità pubblica ma di persuasione a vaccinarsi, che è positivo. Ma non avendo un effetto di sanità pubblica, il fatto che lo prolunghino, e di quanto, è ininfluente”. 

La soluzione sarebbe varare la terza dose per tutti? “Di nuovo: bisognerà prima capire se la terza dose protegge dalle varianti – puntualizza Crisanti – altrimenti uno di richiami ne può fare 10 e non proteggono. In questo caso l’ideale sarebbe aggiornare i vaccini. Comunque Israele sta già facendo la terza dose e fra un po’ capiremo se sarà protettiva. Io auspico che il vaccino sia efficace contro le varianti e che mantenga un livello di protezione superiore all’85%, altrimenti avrebbe un effetto limitato”. 

(Adnkronos)