Mai un “prefetto della fede” della Santa Sede aveva ricevuto i giornalisti. Nel 1984 l’allora cardinale Joseph Ratzinger decise di rompere il proverbiale silenzio, la secolare storica discrezione, se non il segreto, dell’ex Sant’Uffizio. Il teologo tedesco, che nel 1981 Papa Giovanni Paolo II aveva voluto a capo della Congregazione per la dottrina della fede, accettò la sfida che gli lanciò il giornalista e scrittore Vittorio Messori, il più famoso autore cattolico vivente con milioni di copie vendute del suo best seller ‘Ipotesi su Gesù’. Dalla loro conversazione uscì il libro-intervista ‘Rapporto sulla fede’, pubblicato dalle Edizioni Paoline nella primavera del 1985.
Fu un caso mondiale, anzi “uno scandalo”, prima ancora all’interno della Chiesa che all’esterno: i teologi si divisero, con la maggioranza di essi, in quasi tutto il mondo, che bollava ‘Rapporto sulla fede’ come un “manifesto della reazione”, un ritorno indietro rispetto ai progressi del Concilio Vaticano II, dove peraltro lo stesso Ratzinger era stato perito per l’ala progressista dell’episcopato tedesco. E in particolare suscitò polemica l’attacco del prefetto alla teologia della liberazione.
Vittorio Messori, grazie a una tenacia unita alla credibilità guadagnata proprio con il successo di ‘Ipotesi su Gesù’, non solo ottenne di essere ricevuto, come intervistatore, dal cardinale Ratzinger ma addirittura di fare un libro con lui. Così, a partire dal Ferragosto del 1984, il cardinale e il giornalista si chiusero, soli, in una sala del seminario di Bressanone, deserto per la vacanze estive. Da tre giorni interi di colloqui nacque ‘Rapporto sulla fede’ che – anticipato in alcuni brani dalla rivista ‘Jesus’ dei Paolini nel novembre di quel 1984 e pubblicato in volume nella primavera successiva – provocò un enorme clamore in tutto il mondo.
Subito tradotto in molte lingue (l’edizione americana, in tascabile, si vendeva nelle stazioni e negli aeroporti e superò il mezzo milione di copie, diffusione di massa anche in spagnolo, in tedesco, in francese) ‘Rapporto sulla fede’ costituì un tale choc che molti, nelle recenti storie della Chiesa, utilizzano la data della sua pubblicazione come la fine del periodo postconciliare, almeno nella sua fase turbolenta e contestatrice.
Nell’autunno del 1985 si aprì in Vaticano il Sinodo mondiale dei vescovi per commemorare i vent’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II: alla folla, insolitamente numerosa, dei giornalisti accorsi da ogni continente, attratti dalle polemiche roventi suscitate dal libro curato da Messori, il portavoce della Santa Sede dovette subito e pubblicamente precisare che i vescovi non erano lì per discutere di quel volume.
Nel ‘Rapporto sulla fede’ il cardinal Ratzinger denunciava pericoli e difficoltà nella Chiesa e condannava con nettezza teologie come quella detta “della liberazione”: la reazione degli ambienti clericali progressisti fu così virulenta da non limitarsi agli insulti e alle aggressioni verbali, in una miriade di articoli, opuscoli, interventi televisivi.
“In effetti – ha ricordato Messori – a un certo punto dovetti lasciare per qualche tempo Milano e ritirarmi, senza lasciare indirizzo, in una casa di religiosi amici, lontano dalla città. Continuavo a ricevere minacce – quasi sempre anonime ma talvolta firmate con nome e cognome da religiosi imbestialiti – con le quali mi si annunciava che avrei pagato cara la ‘colpa’ non solo di avere intervistato il Grande Inquisitore ma di non averlo contraddetto, indignato, quando demoliva le teorie di chi vedeva nel post-Concilio solo una nuova primavera della Chiesa”.
“Le minacce di aggressione fisica non arrivavano solo con la posta o con il fax ma anche con continue telefonate, anche notturne. Così, dovetti staccare per qualche tempo – ha raccontato sempre Messori – ed entrare, per così dire, in clandestinità. Ci fu addirittura un teologo che mi denunciò ai tribunali ecclesiastici, a norma del diritto canonico, ‘per avere attentato alla tranquillità della Chiesa’: e, questo, per avere riferito senza commenti il pensiero del braccio destro dottrinale del Papa. Si replicò che, in realtà, quello del libro non era Ratzinger ma il Ratzinger secondo Messori, da lui manipolato. Il cardinale, allora, ricordò ufficialmente di avere rivisto ed approvato il testo che gli avevo sottoposto prima della pubblicazione. Cose, del resto, che già aveva detto alla folla dei giornalisti, intervenendo di persona alla presentazione del ‘Rapporto’ in Vaticano. Devo dire che ancora oggi ricevo lettere di ringraziamento per queste pagine perché, mi si scrive, hanno ridato fiducia a coloro che temevano di doversi ormai rassegnare alla liquidazione della dottrina cattolica di sempre”.