Il ritorno dei giudizi ‘classici’ – come ottimo, buono e così via – nella pagella delle scuole primarie? “Approvato”. Parola di pediatra. Ma con una puntualizzazione: “Sostituiamo la parola ‘insufficiente’, dannosa per tutti, con un’altra formula”. E’ il suggerimento di Italo Farnetani, professore ordinario di pediatria, che vede positivamente la riforma annunciata dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. Una riforma in base alla quale – come spiegato dallo stesso ministro – accanto a dei giudizi analitici più complessi e tecnici, che servono innanzitutto ai docenti per ricostruire il percorso dello studente, ci dovrà essere una pagella in cui il giudizio sintetico è espresso con un termine chiaro per ogni materia, in modo che le famiglie e gli studenti sappiano esattamente qual è il livello di apprendimento.
L’esperto, commentando all’Adnkronos Salute quanto prospettato da Valditara, fa una premessa che è anche un appello: “Ancora prima di parlare dell’espressione formale del giudizio, l’importante è valutare bene e in modo equo l’alunno. Invito i docenti e le scuole a basarsi sempre sui principi della docimologia, scienza essenziale della didattica che studia i criteri della valutazione”. Un giudizio giusto “rappresenta il presupposto fondamentale della scuola, ma nello stesso tempo è essenziale nella crescita e nella formazione dello studente, del minore. Rappresenta un momento importante: da una giusta valutazione ricevuta a scuola deriva la giusta dimensione della propria autostima, ma nello stesso tempo una giusta collocazione dell’alunno nell’ambito della società e del suo ruolo di cittadino”.
Una volta valutato in modo corretto il lavoro scolastico, prosegue Farnetani, “certamente si dovrà trasmettere il risultato agli alunni e alla famiglia. Il dibattito avviene principalmente su tre metodi: un giudizio descrittivo; un giudizio sintetico, cioè un termine; un giudizio numerico, cioè il voto. Il giudizio descrittivo presenta due punti di debolezza. Il primo riguarda il punto di vista della comunicazione: si può scrivere tanto e dire poco senza prendersi responsabilità. E non sempre i testi sono comprensibili, magari hanno troppi tecnicismi”. Su questo fronte “interviene troppo la soggettività del docente che alla fine, nella molteplicità delle scelte – ragiona il pediatra – può rendere difficoltoso un confronto con altri alunni, con altri insegnanti, o per lo stesso alunno può non essere scientificamente possibile fare un confronto degli effettivi progressi ottenuti nel percorso di studio”.
Poi, continua l’analisi di Farnetani, “ci sono i voti, che ormai fanno parte del vissuto collettivo e hanno facilità di comprensione e confronto, anche troppo forse. Di certo sono sempre ‘taglienti’, ma talvolta anche penalizzanti soprattutto nelle insufficienze. I giudizi sintetici, cioè la singola parola, hanno il vantaggio di ‘comunicare’ il giudizio unendo anche gli aspetti positivi del voto. Sono in grado cioè di esprimere in modo facilmente comprensibile il risultato senza avere la freddezza del voto numerico, o essere prolissi come li giudizio descrittivo. Perciò il giudizio sintetico è una scelta appropriata”.
Per fare un esempio, dice il professore ordinario dell’Università Ludes-United Campus of Malta, “un conto è prendere 6, un conto è prendere ‘sufficiente’. Già il valore semantico della parola è importante, proprio perché l’alunno non si sente al bordo dell’insufficienza, ma al contrario avverte di essere nella positività”.
“In questa stessa logica – conclude il pediatra – non mi piace il termine ‘insufficiente’. Per l’alunno che lo riceve può essere una grossa caduta di autostima e per i genitori ha un impatto negativo sia nel giudizio dei figli sia nella valutazione di se stessi. Magari possono essere portati a chiedersi se sono stati bravi genitori, se hanno saputo ottemperare al loro compito. Ecco perché propongo di sostituire il termine insufficiente con ‘in costruzione'”.