Turetta, interrogatorio di 9 ore: “Ho accoltellato Giulia e l’ho vista morire”

Filippo Turetta nell’interrogatorio davanti al pm di Venezia cerca di mettere ordine tra fatti ed emozioni alternando parole sussurrate, pause ripetute e silenzi di chi fatica a ricordare o preferisce non indugiare nei particolari sul come e perché ha ucciso Giulia Cecchettin, la fidanzata che con difficoltà chiama ex. L’orologio fuori dal carcere di Verona dice che sono passate nove ore da quando la difesa – gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera – e il pm di Venezia Andrea Petroni escono della casa circondariale dopo aver ascoltato, per la prima volta, i dettagli di quanto accaduto la sera dell’11 novembre scorso.

In più riprese lo studente universitario, 22 anni tra pochi giorni, non si limita a dichiarazioni spontanee – come fatto tre giorni fa davanti al gip Benedetta Vitolo – ma spiega, tentenna, cerca le parole giuste, si rintana nei ‘non ricordo’, s’interrompe, chiede tempo per riprendere fiato e forze per raccontare di come, dopo una serata trascorsa insieme in un centro commerciale di Marghera, ferma la sua Gran Punto nera nel parcheggio di Vigonovo (Venezia), a circa 150 metri da casa Cecchettin.

L’ultimo ‘no’ di Giulia avrebbe scatenato la lite, Filippo estrae il coltello ma Giulia si difende, urla ‘mi fai male’, non riesce a scappare ma è costretta a risalire in auto, il ragazzo le tappa la bocca con il nastro adesivo per evitare che un altro testimone la possa sentire e chiamare (senza successo) il 112. È nell’area industriale di Fossó che l’aggressione diventa mortale e Turetta affonda più volte il coltello, almeno 25 volte, nella carne viva in particolare tra la testa e il collo, sfiorando carotide e giugulare.

Un fendente colpisce Giulia Cecchettin anche sotto la scapola, dal lato sinistro, ma non intacca il cuore. Sono le coltellate che provocano, in poco tempo, il dissanguamento come spiega già l’ordinanza di custodia cautelare che elenca i colpi visibili sul corpo della 22enne. Quel corpo, abbandonato già senza vita vicino al lago di Barcis, dopo una fuga di oltre cento chilometri, non ha ancora smesso di parlare ai medici legali: ci vorrà tempo per finire l’autopsia – iniziata alle ore 9 all’istituto di Medicina legale di Padova – e per consegnare una relazione completa, firmata da periti e consulenti di parte, alla procura di Venezia.

Di quell’aggressione dal carcere Filippo Turetta racconta la sua versione, a volte zoppicante, continua a dirsi “affranto, dispiaciuto per la tragedia” si dice pronto ad affrontare le “responsabilità” che lo attendono, ma è ancora in cerca di “ricostruire” nella sua testa “le emozioni e quello che è scattato in me quella sera” quando ha ucciso l’ex fidanzata che nell’ultimo periodo si sentiva ‘perseguitata’.

Oltre alle parole del 21enne, arrestato in Germania dopo una settimana di fuga, bisognerà attendere gli esiti dell’autopsia ma anche le risposte che arriveranno dall’auto, dagli strumenti informatici e dai due coltelli sequestrati. Solo allora, probabilmente, la procura potrebbe appesantire il capo d’imputazione e contestare anche l’aggravante della premeditazione e della crudeltà per l’omicidio di Giulia che, da tempo, alle sue emozioni aveva saputo dare un nome. (dall’inviata Antonietta Ferrante)

(Adnkronos)