La variante Omicron del coronavirus collegata ad un picco di reinfezioni in Sudafrica: il rischio di reinfezioni in soggetti già guariti potrebbe essere doppio rispetto alle varianti precedenti.E’ l’ipotesi che caratterizza uno studio non ancora sottoposto a peer review. Gli scienziati, evidenzia la Bbc, hanno analizzato circa 36.000 campioni ‘sospetti’ per verificare dati relativi a seconde infezioni. I dati non hanno evidenziato picchi durante le ondate dominate nel paese dalla varianti Beta o Delta che pure, secondo risultati ottenuti in laboratorio, avrebbero avuto la parziale capacità di superare la barriera del vaccino. Ora, nel Paese che ha scoperto la variante Omicron, si registra un’impennata di reinfezioni: non tutti i pazienti sono stati sottoposti ad analisi finalizzate ad individuare la variante, ma il timing suggerisce che Omicron sia coinvolta nel fenomeno. La professoressa Juliet Pulliam, della Stellenbosch University, è una delle firmatarie dello studio. La scienziata fa riferimento ad “una maggiore capacità di infettare individui precedentemente contagiati”.
Ad arricchire il quadro contribuisce anche il professor Willem Hanekom, direttore dell’Africa Health Research Institute. “Sappiamo 3 cose che non sapevamo la scorsa settimana”, dice alla Bbc. “La prima cosa è che il virus si sta diffondendo con staordinaria velocità in Sudafrica, l’incremento dei casi è molto più rapido rispetto a quanto avvenuto nelle precedenti 3 ondate. Sembra che Omicron sia in grado di diffondersi molto facilmente e virtualmente tutti i casi che vediamo ora in Sudafrica sono casi Omicron”, spiega.
“La seconda cosa, riguarda i dati che abbiamo sulle reinfezioni. Dopo aver avuto il covid, avete circa l’1% di possibilità, o anche meno, di contrarre nuovamente l’infezione e di ammalarvi di nuovo per questo virus”, afferma. “La terza porzione di dati che abbiamo fa riferimento a casi clinici e alla gravità della malattia. I dati suggeriscono che la malattia potrebbe verificarsi più frequentemente tra i giovani e in particolare tra quelli non vaccinati. Finora, i sintomi sono apparsi più lievi. Ma voglio sottolineare che dobbiamo essere cauti: questi sono i primissimi giorni”, osserva. “Una larga parte delle persone ricoverate non sono vaccinate. I vaccini potrebbero essere meno efficaci ma il punto importante è che, riteniamo, proteggono dalla malattia grave e dalla morte. Dovremmo avere dati di laboratorio sull’efficacia dei vaccini nel giro di una settimana