(Adnkronos) – (dall’inviata Elvira Terranova) – “La barca procedeva molto lentamente e noi avremmo voluto chiedere l’intervento dei soccorsi ma chi conduceva la barca per tranquillizzarci ci faceva vedere su un tablet che saremmo arrivati a breve”. A raccontarlo agli investigatori della Guardia di Finanza che indagano sul naufragio nell’inchiesta coordinata dal Procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia è un superstite del naufragio, sentito pochi giorni fa.
“Dopo cinque giorni di navigazione – prosegue – sapevamo di essere in prossimità delle coste italiane, quando ho sentito un forte rumore, e da una falla nello scafo abbiamo cominciato a imbarcare acqua. Il livello di acqua sottocoperta è salito molto rapidamente generando il caos a bordo. Salito in coperta, mi sono ritrovato in acqua e mi sono aggrappato a un pezzo di legno. La corrente mi ha spinto via”.
Poi racconta ancora che al timone della barca affondata davanti alle coste di Steccato di Cutro (Crotone) “si alternavano due soggetti che parlavano esclusivamente il turco, sia due che parlavano alternativamente turco e arabo, di questi non ho certezza dello Stato di provenienza. Oltre a questi soggetti vi erano anche due persone di nazionalità pakistana che, ricevendo ordini dai turchi, ci indicavano quando poter salire in coperta per prendere una boccata di aria o per esigenze fisiologiche”.