(Adnkronos) – Intercettare con maggiore rapidità, coinvolgendo i medici di famiglia e dotandoli di strumenti adeguati, i disturbi dell’alimentazione. “Un grave problema di salute pubblica che rappresenta una vera e propria epidemia sociale”. E’ l’obiettivo di uno studio – anticipato all’Adnkronos Salute a pochi giorni dalla Giornata del fiocchetto lilla dedicata a questi problemi (15 marzo) – che punta validare strumenti di screening da utilizzare nello studio dei medici di medicina generale. Una ricerca coordinata dall’Unità di Ricerca di scienza dell’alimentazione dell’università di Roma Sapienza, a cui collaborano la Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare (Sisdca), la Società italiana di medicina di prevenzione e degli stili di vita (Simpesv) e la Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg).
I disturbi del comportamento alimentare – ricordano gli esperti delle tre sigle – sono un problema che colpisce in particolare “adolescenti e giovani donne, con un picco tra i 15 e i 18 anni”. E sono “3 milioni le persone colpite nel nostro Paese, con un progressivo aumento dell’incidenza in pubertà e nei maschi”. La tempestività della diagnosi e del trattamento “hanno un ruolo fondamentale nella risoluzione della patologia e nella prevenzione delle complicanze croniche”, ma “molte persone purtroppo arrivano alle cure con notevole ritardo, con conseguenze molto gravi sulla prognosi e un alto rischio di cronicizzazione”.
I medici di medicina generale, “presidio assistenziale vicino alla cittadinanza – proseguono gli esperti – rappresentano spesso il primo punto di contatto tra i pazienti e il sistema sanitario nazionale”. Tuttavia, “per la natura del disturbo, questi pazienti tendono spesso ad evitare il contatto con i medici, rivolgendosi al camice bianco solo quando ci sono sintomi clinici, come ad esempio disturbi gastrointestinali, aritmie, amenorrea. La famiglia delle persone affette da questi disturbi può essere fondamentale all’interno del percorso diagnostico-terapeutico, potendo individuare precocemente i sintomi della malattia che nelle fasi iniziali possono apparire molto sfumati”. Da qui l’importanza di “sensibilizzare la popolazione a riconoscere alcune caratteristiche di questi disturbi, in modo da intervenire tempestivamente”. Gli utenti degli studi di medicina generale, in questo quadro, “possono essere coinvolti nella precoce individuazione, tra i propri familiari, di pazienti a rischio”. Lo studio in corso, quindi, punta ad aiutare “il clinico e il familiare a riconoscere precocemente i sintomi per l’invio tempestivo a centri di riferimento specializzati per la conferma diagnostica e l’eventuale presa in carico”.