MANTOVA – Solo un’impresa su cinque nel Mantovano, precisamente il 21.3%, è a conduzione femminile: a rivelarlo è un’indagine della Cgia di Mestre. Un dato che mette la nostra provincia (85° posto, quasi 7mila imprese su 32.700 circa in totale) in fondo alla classifica nazionale, dove spiccano le province del Sud Italia: prima è Cagliari col 40,5% (oltre 13mila imprese sulle circa 33mila totali) seguita da Benevento (30,5%) e Avellino (30,2). I valori mantovani sono in linea con le province confinanti e in generale con quelle lombarde: Parma, Modena, Verona, Brescia, Reggio Emilia, Cremona si discostano solo di qualche decimale percentuale. Fanno meglio invece Rovigo e Ferrara che gravitano attorno al 23%. Ultima in classifica, un po’ a sorpresa, Milano col 17,9% 105esima e ultima delle province rilevate: non ci sono infatti dati per Barletta-Andria-Trani e Sud Sardegna.
L’INDAGINE DI CGIA: OCCUPAZIONE FEMMINILE TRA LE PIÙ BASSE D’EUROPA, MA ALTA PROPENSIONE ALL’IMPRENDITORIALITÀ
Nonostante il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa, l’Italia presenta, in termini assoluti, il numero più elevato di lavoratrici indipendenti. Nel 2023, le donne italiane in possesso di partita IVA che lavorano come artigiane, commercianti, esercenti o libere professioniste ammontano a 1.610.000, a fronte di 1.433.100 presenti in Francia e 1.294.100 occupate come autonome in Germania. Un record europeo che evidenzia ulteriormente la notevole propensione degli italiani, sia maschi che femmine, all’imprenditorialità. L’assoluto primato delle imprenditrici assume una rilevanza ancor più
significativa se consideriamo che la popolazione femminile italiana in età lavorativa, compresa tra i 20 e i 64 anni, è costituita da 17.274.250 persone; al contrario, la Francia registra un surplus di 1,9 milioni di donne rispetto a tale cifra e la Germania supera addirittura il nostro dato di ben 7,3 milioni.
Circa il 56 per cento delle donne imprenditrici attive nel nostro Paese è impiegato nel settore dei servizi alla persona (quali parrucchiere, estetiste, tatuatrici, massaggiatrici, pulitintolavanderie, ecc.) e nei servizi alle imprese (in qualità di titolari o socie di agenzie di viaggio, agenzie immobiliari, imprese di pulizie, noleggio di veicoli, agenzie pubblicitarie, fotografe, video maker, studi di commercialisti e consulenti del lavoro). Inoltre, poco meno del 20 per cento opera nel commercio, mentre poco oltre il 10 per cento è attivo nell’Horeca e circa un ulteriore 6 per cento nell’industria, medesima percentuale si riscontra anche nell’agricoltura.
LE MOTIVAZIONI: SPESSO L’AUTOIMPRENDITORIALITÀ È NECESSARIA PER REINSERIRSI NEL MONDO DEL LAVORO
“La letteratura specializzata evidenzia almeno due fattori che motivano le donne a intraprendere un percorso imprenditoriale – spiega la CGIA -. Il primo è strutturale ed è correlato alla condizione socio-economica: situazioni di disoccupazione, tradizioni familiari o la presenza di incentivi economici inducono a considerare l’imprenditorialità come necessità. Il secondo fattore è motivazionale e concerne ragioni intrinseche che spingono le donne ad abbracciare tale opportunità; questo aspetto sembra rispecchiare maggiormente la sensibilità femminile. Grazie all’autoimprenditorialità, le donne possono gestire con maggiore flessibilità gli impegni lavorativi insieme a quelli familiari. Inoltre, coloro che si trovano in condizioni di inattività a causa della nascita di un figlio incontrano notevoli difficoltà nel reinserirsi nel mercato del lavoro. L’autoimpiego si è affermato come uno degli strumenti più efficaci per riconquistare protagonismo nella propria vita professionale e realizzare i propri obiettivi e aspirazioni nella speranza di ottenere risultati economici gratificanti e una maggiore indipendenza”.