Papa Francesco, l’omelia: “La fragilità ci richiama il dramma della morte”

(Adnkronos) – Papa Francesco parla della fragilità umana nell’omelia di oggi, mercoledì 5 marzo, per i riti del mercoledì delle ceneri all’Aventino. Il testo è stato letto dal cardinale Angelo De Donatis che presiede al suo posto dal momento che Bergoglio è ricoverato al Gemelli dal 14 febbraio. “La condizione di fragilità ci richiama il dramma della morte – si legge nell’omelia -, che nelle nostre società dell’apparenza proviamo a esorcizzare in molti modi e a emarginare perfino dai nostri linguaggi, ma che si impone come una realtà con la quale dobbiamo fare i conti, segno della precarietà e fugacità della nostra vita”. “Le sacre ceneri, questa sera, verranno sparse sul nostro capo. Esse ravvivano in noi la memoria di ciò che siamo, ma anche la speranza di ciò che saremo. Ci ricordano che siamo polvere, ma ci incamminano verso la speranza a cui siamo chiamati, perché Gesù è disceso nella polvere della terra e, con la sua Risurrezione, ci trascina con sé nel cuore del Padre. Così si snoda il cammino della Quaresima verso la Pasqua, tra la memoria della nostra fragilità e la speranza che, alla fine della strada, ad attenderci ci sarà il Risorto”, ha scritto il Pontefice. 

Fare memoria, l’invito del Papa: “Riceviamo le ceneri chinando il capo verso il basso, come per guardare a noi stessi, per guardarci dentro. Le ceneri, infatti, ci aiutano a fare memoria della fragilità e della pochezza della nostra vita: siamo polvere, dalla polvere siamo stati creati e in polvere ritorneremo. E sono tanti i momenti in cui, guardando la nostra vita personale o la realtà che ci circonda, ci accorgiamo che ‘è solo un soffio ogni uomo che vive come un soffio si affanna, accumula e non sa chi raccolga’. Ce lo insegna soprattutto l’esperienza della fragilità, che sperimentiamo nelle nostre stanchezze, nelle debolezze con cui dobbiamo fare i conti, nelle paure che ci abitano, nei fallimenti che ci bruciano dentro, nella caducità dei nostri sogni, nel constatare come siano effimere le cose che possediamo.  

Bergoglio, nell’omelia, parla della fragilità che quotidianamente sperimentiamo: “Fatti di cenere e di terra, tocchiamo con mano la fragilità nell’esperienza della malattia, nella povertà, nella sofferenza che a volte piomba improvvisa su di noi e sulle nostre famiglie. E, ancora, ci accorgiamo di essere fragili quando ci scopriamo esposti, nella vita sociale e politica del nostro tempo, alle ‘polveri sottili’ che inquinano il mondo: la contrapposizione ideologica, la logica della prevaricazione, il ritorno di vecchie ideologie identitarie che teorizzano l’esclusione degli altri, lo sfruttamento delle risorse della terra, la violenza in tutte le sue forme e la guerra tra i popoli. Sono tutte ‘polveri tossiche’ che offuscano l’aria del nostro pianeta, impediscono la convivenza pacifica, mentre ogni giorno crescono dentro di noi l’incertezza e la paura del futuro”. 

La condizione di fragilità, sottolinea il Papa nell’omelia letta da De Donatis, “ci richiama il dramma della morte, che nelle nostre società dell’apparenza proviamo a esorcizzare in molti modi e a emarginare perfino dai nostri linguaggi, ma che si impone come una realtà con la quale dobbiamo fare i conti, segno della precarietà e fugacità della nostra vita. Così, nonostante le maschere che indossiamo e gli artifizi spesso creati ad arte per distrarci, le ceneri ci ricordano chi siamo. Questo ci fa bene. Ci ridimensiona, spunta le asprezze dei nostri narcisismi, ci riporta alla realtà, ci rende più umili e disponibili gli uni verso gli altri: nessuno di noi è Dio, siamo tutti in cammino. La Quaresima, però, è anche un invito a ravvivare in noi la speranza. Se riceviamo le ceneri col capo chino per ritornare alla memoria di ciò che siamo, il tempo quaresimale non vuole lasciarci a testa bassa ma, anzi, ci esorta a sollevare il capo verso Colui che dagli abissi della morte risorge, trascinando anche noi dalla cenere del peccato e della morte alla gloria della vita eterna”. 

Senza “speranza siamo destinati a subire passivamente la fragilità della nostra condizione umana e, specialmente dinanzi all’esperienza della morte, sprofondiamo nella tristezza e nella desolazione, finendo per ragionare come gli stolti: ‘La nostra vita è breve e triste; non c’è rimedio quando l’uomo muore il corpo diventerà cenere e lo spirito svanirà come aria sottile'”.  

“La speranza della Pasqua verso cui ci incamminiamo, invece, ci sostiene nelle fragilità, ci rassicura del perdono di Dio e, anche mentre siamo avvolti dalla cenere del peccato, ci apre alla gioiosa confessione della vita. Ricordiamoci questo: ‘l’uomo è polvere e in polvere ritornerà, ma è polvere preziosa agli occhi di Dio, perché Dio ha creato l’uomo destinandolo all’immortalità'”, scrive Bergoglio nell’omelia citando Benedetto XVI.  

“Impariamo dall’elemosina a uscire da noi stessi per condividere i bisogni gli uni degli altri e nutrire la speranza di un mondo più giusto; – scrive il Papa nel testo letto da De Donatis – impariamo dalla preghiera a scoprirci bisognosi di Dio o, come diceva Jacques Maritain ‘mendicanti del cielo’, per nutrire la speranza che dentro le nostre fragilità e alla fine del nostro pellegrinaggio terreno ci aspetta un Padre con le braccia aperte; impariamo dal digiuno che non viviamo soltanto per soddisfare i nostri bisogni, ma che abbiamo fame di amore e di verità, e solo l’amore di Dio e tra di noi riesce davvero a saziarci e a farci sperare in un futuro migliore. Ci accompagni sempre la certezza che da quando il Signore è venuto nella cenere del mondo, ‘la storia della terra è storia del cielo. Dio e l’uomo sono legati a unico destino’ e Lui spazzerà via per sempre la cenere della morte per farci risplendere di vita nuova. Con questa speranza nel cuore, mettiamoci in cammino. E lasciamoci riconciliare con Dio”. 

(Adnkronos)