Antonio Baracca di Curtatone riceve la medaglia d’onore come ex deportato

Antonio Baracca di Curtatone riceva la medaglia d'onore come ex deportato
Un momento della cerimonia di consegna della medaglia d'onore

CURTATONE –  Momenti di pura emozione questa mattina in Comune a Curtatone per la consegna della medaglia d’onore ad Antonio Baracca, deportato nei campi di prigionia nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.
E’ stato il prefetto Carolina Bellantoni a consegnare la medaglia a Baracca, un riconoscimento che arriva a 75 anni di distanza dalla riconquista della libertà per l’allora giovane soldato italiano. E la cerimonia a Corte Spagnola, a cui ha preso parte anche il sindaco Carlo Bottani, il comandante del IV Missili colonnello Luigi Tufano, il comandante della stazione dei carabinieri di Curtatone Emanuele Membrino e quello della Polizia Locale  Cristiano Colli, è coincisa con l’ultima visita ufficiale del prefetto Bellantoni che tra pochi giorni lascerà Mantova per Brindisi.
La storia di Baracca riporta ai momenti più tragici del secondo conflitto bellico. Lui era al seguito dell’esercito italiano impegnato in Grecia a Navarino, in una batteria costiera. Il 10 settembre 1943, due giorni dopo l’Armistizio, è stato catturato dai tedeschi e portato a Salonicco, dove è rimasto per giorni in attesa che fosse pronto il treno che aveva come destinazione i campi di concentramento della Germania.
Fu un viaggio in condizioni disumane, in carri bestiame, spesso interrotto dagli attacchi dei partigiani greci che ne causavano lo stop anche per più giorni. Nonostante questo i deportati non poterono mai scendere dal treno.
Ancora oggi Antonio Baracca ricorda perfettamente quei tragici giorni al punto che cita un aneddoto: “il 10 ottobre ho compiuto gli anni in un vagone dove c’era scritto cavalli 4 uomini 40″. 
E ricorda anche l’arrivo al campo Stalag IV B ( diviso tra Mühlberg e Zeithain) dove è rimasto fino al novembre del 1944 quando fu trasferito a Dresda fino al febbraio del ’45.
Gli ultimi mesi di prigionia li passò infine in un campo ai confini tra Cecoslovacchia e Ungheria e qui venne liberato dell’esercito russo. 
Era l’alba di un nuovo giorno, quello della libertà e del tanto sperato ritorno a casa, a quegli affetti che tante volte aveva avuto paura di non poter più rivedere.