I fedeli al tempo del Covid. Indagine della Diocesi di Mantova su esperienze e bisogni durante la Fase 1

MANTOVA – Durante la prima fase della pandemia da Coronavirus la diocesi di Mantova ha ritenuto opportuna una condivisione dei vissuti e dei pensieri che nascevano da un’esperienza tanto forte quanto dolorosa per i propri fedeli, e non solo. Come riportato sul sito della diocesi, per raggiungere questo obiettivo ha proposto un questionario nel quale, dopo alcune informazioni preliminari relative a chi rispondeva, sono stati posti i seguenti quesiti:

1. Tu che sei adolescente, giovane, adulto, anziano, come stai vivendo la vicenda del Coronavirus?
2. Come sta reagendo la tua comunità cristiana (famiglia, parrocchia, gruppo ecclesiale, Unità pastorale, Chiesa diocesana) e quali scelte tu ritieni sia prioritario portare avanti?
3. Questo tempo cosa ci ha permesso di capire, come singoli e comunità cristiane, della nostra presenza e del nostro servizio nel mondo e in modo particolare nella realtà mantovana?

Le risposte, che potevano essere date da singole persone oppure da famiglie o da gruppi, sono state raccolte e sintetizzate all’interno del Consiglio Pastorale Diocesano.

Hanno contribuito con le loro risposte almeno 750 persone, 244 delle quali hanno inviato direttamente il loro contributo; le altre sono passate attraverso una condivisione nei gruppi o sui social. Coloro che hanno fornito dati personali hanno permesso di “dare un volto” a chi ha partecipato.

Pur considerando una maggiore presenza femminile, non vi è stata una defezione da parte degli uomini ma, mentre questi presentano una curva di crescita regolare in funzione dell’età, le donne presentano un incremento notevole dopo i 40 anni, probabilmente giustificato dall’impegno per la cura dei figli piccoli negli anni precedenti.

Per dare uniformità alla lettura dei dati, le risposte sono state accorpate per livelli e, per ciascuno di essi, si è cercato di evidenziare i fattori di fragilità attraverso la consapevolezza dei nostri limiti, i valori evidenziati proprio dalle condizioni conseguenti alla pandemia, le prospettive e le proposte per un futuro rinnovato.

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Di fronte alla sofferenza umana, il livello personale è tutto giocato su una riscoperta e valorizzazione della propria interiorità e di uno stile di vita che ridimensiona la frenesia quotidiana a favore di una crescita ‘spirituale’ e un rafforzamento delle relazioni umane più vere.

Rientra in questo livello anche un nuovo approccio al rapporto tra l’uomo e il creato che Dio ha affidato alla sua custodia.

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A livello di comunità ecclesiale, uno dei limiti del confinamento (lockdown) è stata la mancanza di relazioni dirette e, sui social, la presenza quasi esclusiva di figure ecclesiastiche. Assenti i sacramenti, è stata maggiormente curata la Parola di Dio e la sua conoscenza. La comunità ha dimostrato di saper essere presente e di potersi migliorare in ambito caritativo ed emerge anche un desiderio di maggior partecipazione corresponsabile alla vita comunitaria.
Nel rapporto con il territorio rimangono aperte attenzioni già presenti. Ciò che emerge è la sottolineatura dell’importanza di una collaborazione per affrontare insieme tematiche onerose come la cura del creato, l’attenzione alle persone in difficoltà, la dimensione educativa giovanile.

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Vi è stato spazio anche per una riscoperta dell’utilità dei vari mezzi di comunicazione quali strumenti di collegamento e per la vita pastorale. Servono però due attenzioni: evitarne gli abusi, anche se ben preparati e gestiti, e una necessaria formazione dei fedeli all’uso corretto di tali strumenti.

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