“Cambiare passo sulla vaccinazione”: Protezione Civile in affiancamento di Arcuri. Pregliasco: “difficile lockdown totale, si rischia la ribellione sociale”

“Cambiare passo sulla vaccinazione”. Una necessità in cima alle priorità del premier Draghi che potrebbe tradursi con un dimensionamento del ruolo del commissario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri il cui mandato è in scadenza il 31 marzo,
I rumors indicano una possibile conferma da parte del neonato governo ma con l’affiancamento della Protezione Civile nella gestione dell’emergenza Covid. E già avanzano i nomi di Agostino Miozzo,, medico coordinatore del Cts che ha gestito numerose crisi in giro per il mondo, o dell’attuale capo del Dipartimento Angelo Borrelli, ma c’è anche chi vorrebbe Guido Bertolaso, consulente del governatore lombardo a Fontana, a capo di tuttala task force.
In ogni caso, si cambia metodo ,strategia e quindi anche uomini per mettere il Paese in sicurezza. Troppo lenta la campagna di vaccinazione in Italia rispetto al resto dell’Ue. 
Al momento invece non sono previsti cambiamenti immediati da parte del Governo sull’Italia “a zone”: Draghi non esclude alcuna ipotesi ma si vuole prima avere un quadro preciso del trend del contagio.
Intanto il virologo Fabirizio Pregliasco è intervenuto sulla richiesta di lock down totale avanzata da Ricciardi e Crisanti e ha dichiarato: “Da un punto di vista scientifico  sono d’accordo con Ricciardi”, rispetto al fatto che una chiusura drastica di tre settimane o, addirittura, di un mese fermerebbe sul nascere la ‘rimonta’ di Sars-CoV-2, aiutata anche dal diffondersi della più contagiosa variante inglese. “Credo però che un lockdown totale sia difficile da proporre dal punto di vista dell’opportunità politica e del disagio e della ribellione sociale che si rischierebbe”. Per l’esperto  è meglio tentare prima una via “più accettabile”, provare a “rivedere i parametri” su cui far partire le chiusure.
“Le persone – commenta Pregliasco, parlando con l’Adnkronos Salute – sono provate dalla lunga maratona” di chiusure a zone e aperture a scatti, “a cui il virus ha costretto tutti noi. I risultati sono stati importanti, intendiamoci, perché il metodo dell’Italia a colori ci ha permesso ad oggi tutto sommato di mitigare la diffusione di Covid-19. Non siamo riusciti ad arrivare al controllo dell’epidemia, che era la speranza con cui si era partiti. Rispetto al lockdown puro è stato possibile solo rallentare la velocità di circolazione del virus, ma non dimentichiamo che in questo modo è stata garantita alle persone che si stanno ammalando la miglior condizione possibile, perché la situazione attuale vede la presenza di un 30% circa di occupazione dei reparti, ancora accettabile”.
“A mio avviso – aggiunge quindi Pregliasco – forse sarà necessario rivedere i parametri di aperture e chiusure, essere più flessibili. Perché, si sa, quando una regione va nella fascia gialla, il rischio di perdere i progressi ottenuti c’è. Vediamo se saranno fattibili interventi chirurgici, zone rosse come l’Umbria, da far scattare in base a valutazioni più stringenti”.
Adesso, quello che bisogna fare soprattutto è velocizzare la vaccinazione. Perché la gente non ce la fa più”, è l’appello dell’esperto il quale sottolinea la necessità di “non allentare le misure né di abbassare la guardia” ora, perché “siamo sul filo di una lama” in questo momento con l’epidemia di Sars-CoV-2″
Vaccinare in fretta è cruciale, dichiara Pregliasco commentando gli episodi di ‘disobbedienza alle restrizioni’, che si sono registrati in maniera sporadica in diverse zone del Paese. “E’ chiaro – dice – che ci sono azioni di disobbedienza fra i ristoratori, in quell’ambito c’è un massacro e un disagio sociale che si evidenzia sempre di più. Ma io invito alla pazienza e alla riflessione su un punto in particolare: se la malattia si ridiffonde, non è che alla gente vien voglia di andare al ristorante”.
E in ballo c’è anche l’operazione vaccino. “Se siamo in una situazione epidemiologica non entusiasmante – ammonisce il virologo – diventa più complessa la vaccinazione. Se la struttura sanitaria è impegnata nel trattamento dei malati Covid e nell’affrontare l’impatto dell’epidemia, diventa un problema in più gestire la convocazione per le iniezioni scudo – conclude Pregliasco – E il risultato ‘real life’ che vediamo all’estero, nelle aree in cui la campagna di immunizzazione è più avanti, mostra quanto sia importante vaccinare in fretta”.