Cop21 in liquidazione: stop al progetto del pellet. Naufraga la reindustrializzazione post Ies. Rossi: “chi risarcirà gli ex dipendenti?”

Cop21 in liquidazione: stop al progetto del pellet. Naufraga la reindustrializzazione post Ies. Rossi:
L'area presso Corte Bassani in Strada Cipata dove avrebbe dovuto sorgere l'impianto di produzione del pellet
MANTOVA – A maggio 2016, il tavolo sulla reindustrializzazione post Ies riunitosi nella sede della Regione a Mantova, presenti gli amministratori di Regione, Comune, Provincia, rappresentanti di Ies e sindacati, si concludeva con la presentazione del quattro progetti individuati per il reimpiego dei lavoratori della raffineria e con toni entusiasti sul fatto che i progetti si sarebbero tradotti con 200 posti di lavoro.
Al tavolo c’era anche l’advisor Sofit che aveva promosso i quattro progetti insieme all’azienda: si trattava di produzione di pellet per centrali a biomassa, phytoremediation e riqualificazione di aree, auto imprenditorialità in forma cooperativa e produzione e vendita di prodotti ortofrutticoli (progetto del lattughino).
Dopo cinque anni il risultato vede zero posti di lavoro, con solo qualche esperienza avviata di coworking nelle tre palazzine ex foresteria ed ex ufficio acquisti della raffineria ma senza coinvolgere alcun ex dipendente di quest’ultima. Ultimo atto la messa in liquidazione della cooperativa Cop21 nata per la produzione del pellet con la nomina del commissario liquidatore Nicola Malavasi.
I dubbi e le critiche sulla bontà dei progetti individuati per la verità si sollevarono subito  sia nel mondo politico che in parte di quello sindacale. Si fece notare come non vi fosse alcun progetto di reindustrializzazione perchè quelli approvati erano tutto fuorché progetti industriali e questo avrebbe voluto dire buttare in un cestino la grande professionalità acquisita in decenni dai dipendenti Ies. Ma a preoccupare era soprattutto la sostenibilità dei progetti. I consiglieri comunali di minoranza Alessandra Cappellari (Lega) e Alberto Grandi (Comunità e territori) nel maggio 2017 organizzarono una conferenza stampa evidenziando come i conti non tornassero per il progetto del pellet che vedeva il Consorzio Sol.Co come proponente. Per il primo anno si parlava di una differenza in negativo tra introiti e costi di 3.325.500 euro e per il secondo di 781.500 euro. “Vogliamo capire come potrà essere sostenibile questo progetto. Non vogliamo che faccia la fine del lattughino (il primo dei progetti a naufragare ndr) e che la gente coinvolta ci rimetta anche questa volta dei soldi” dichiararono Cappellari e Grandi. Già perchè per l’ingresso nella cooperativa del “lattughino” ogni ex dipendente Ies aveva dovuto sborsare 5.525 euro ma, tra soldi spesi e persi, la perdita per ognuno di loro si aggirava sui 30 mila euro (andavano aggiunti i 6 mila euro di Ies per le imprese che riassumevano, 14 mila euro di mobilità perduta e 6 mila euro del finanziamento Fondo Fpa energia). E ovviamente anche per l’ingresso in Cop21 i lavoratori hanno dovuto sborsare di tasca loro dei soldi. Nel novembre 2018, nove mesi dopo la prima pietra dell’impianto del pellet, sempre Cappellari e Grandi, anche se quest’ultimo nel frattempo era entrato in maggioranza, presentarono un’interrogazione al sindaco per capire cosa stesse accadendo visto che risultava che da sei mesi i lavoratori non percepissero lo stipendio e che gli agricoltori, che avevano fornito la materia prima, non fossero ancora stati pagati. Si parlava vantassero un credito di 500mila euro. Il resto è storia recente con lo stop alla realizzazione dell’impianto, il ridimensionamento del progetto per mancanza di finanziamenti e il trasferimento della produzione in un capannone a Valdaro. Ma le difficoltà non sono mai venute meno e quella mancanza di sostenibilità del progetto evidenziata dai due consiglieri comunali è diventata realtà. Stop dell’attività e Cop21 in liquidazione. E’ il fallimento totale dei progetti del dopo Ies che nel maggio 2016 venivano sbandierati come un modello da esportare. 
A tornare sull’argomento oggi con un post è il consigliere comunale di Mantova Ideale Stefano Rossi che, fin dalla presentazione del progetti, era stato tra i soggetti più critici e scettici.
“È antipatico e poco elegante oggi dire “io l’avevo detto”, ma purtroppo è andata esattamente così. Non perché io sia più furbo, ma semplicemente perché all’epoca avevo studiato il business plan smontandolo pezzo per pezzo. Il progetto così come concepito non stava in piedi”. Rossi punta il dito accusatore nei confronti di Comune e Provincia.

“Da quel lontano 27 febbraio 2018, ne è passata di acqua sotto i ponti.
Qui, a posare la famosa “prima pietra”, c’eravate tutti a farvi bella mostra.
C’era chi, numeri alla mano, vi aveva avvisato che il progetto non era economicamente sostenibile e che non sarebbe stato in piedi – scrive Rossi – Avete parlato di gufi, di progetto modello da esportare, di innovazione unica nel suo genere, di progetto che oscillava tra sogno e follia. Purtroppo è stato in realtà non un sogno, ma un vero e proprio incubo.
Anche se i responsabili materiali del progetto saranno coloro che pagheranno, la vostra presenza lì e le vostre dichiarazioni sono state per molti come una garanzia, una fideiussione. Si parla di un buco enorme, di milioni di euro. Chi risarcirà gli ex dipendenti IES, gli agricoltori ed i contoterzisti?” dichiara il consigliere comunale.