Covid, Di Perri: “Vaccini aggiornati funzionano ma ai 40enni non li darei”

Ammalarsi di Covid, oramai, è una rarità assoluta. In passato significava buscarsi una polmonite che dava un’insufficienza respiratoria e che portava magari in rianimazione, a rischio della vita. Adesso non è più così”. Così Giovanni Di Perri, direttore del dipartimento di Malattie infettive all’ospedale Amedeo di Savoia di Torino, in un’intervista a ‘Libero’.

Dottor Di Perri, oggi inizia la campagna vaccinale con le fiale aggiornate a Omicron. Chi deve farla? “Principalmente proprio quei soggetti a rischio che abbiamo imparato a conoscere. I nuovi vaccini, da un punto di vista strutturale, non sono differenti da quelli usati fin qui, salvo il fatto che è stata inserita la sequenza genetica che codifica e produce le proteine che danno l’identità a Omicron“, spiega l’infettivologo. Quanto sono efficaci? “Vanno confrontati con la protezione data dalla quarta dose del vecchio vaccino, non con la situazione dei non vaccinati come ha fatto qualcuno – aggiunge – E tutto sommato c’è un minimo di vantaggio che si può riconoscere: si stimano 8 ricoveri in meno su mille infezioni, è meglio di niente“.

Però ‘coprono’ solo la variante madre della famiglia Omicron, la Ba.1. Non la Ba.4 e la Ba.5 cui ora si deve il 96% dei contagi. “È vero a metà. Nel senso che il grosso salto è stato il passaggio da Delta a Omicron. Poi, tra le sotto-varianti di Omicron ci sono sì delle differenze, ma quantitativamente minori”, precisa. Quindi dobbiamo rimetterci il braccio. Ma tutti? “Io credo che un 35enne in buona salute possa anche decidere di non fare nulla. Avrà fatto dei vaccini in precedenza, quindi ha un minimo di immunità”, chiarisce. Ci dica di più. “Un 30enne o un 40enne in questo contesto rischia molto poco dall’infezione. Se facesse il vaccino aggiornato, il vantaggio potrebbe limitarsi a ridurre il pericolo di infettarsi”, avverte.

(adnkronos.it)