‘Ndrangheta: arresti tra Mantova, Verona e Trento e 9 milioni sequestrati

'Ndrangheta: arresti tra Mantova, Verona e Trento e 9 milioni sequestrati

MANTOVA – Quattro misure cautelari e un sequestro di beni per un valore di oltre 9 milioni di euro. Un’ordinanza firmata dal gip di Venezia ed eseguita dalla Dia e dalla guardia di finanza di Verona ha messo nel mirino gli affari sporchi della ‘ndrangheta nelle province di Verona, Mantova e Trento. Nell’operazione, eseguita oggi tra Veneto, Trentino Alto Adige e Lombardia, sono stati impegnati oltre 40 militari ed agenti della Guardia di Finanza e della Direzione Investigativa Antimafia.
In particolare, tre persone sono state raggiunte da misura di custodia cautelare in carcere,
mentre un quarto uomo è stato sottoposto a obbligo di dimora presso il comune di
residenza.
Agli indagati sono contestati reati tributari, con particolare riferimento all’emissione e utilizzo di false fatturazioni, riciclaggio e autoriciclaggio, aggravati dall’aver commesso tali reati con metodo mafioso e per agevolare l’attività della ‘ndrangheta. È stato contestualmente eseguito a carico dei soggetti sottoposti a indagine il sequestro di oltre 9 milioni di euro quale profitto dei reati tributari e del riciclaggio. I provvedimenti restrittivi della libertà personale, nonché ablativi eseguiti nella mattinata odierna sono una prosecuzione di attività investigative dirette dalla stessa Procura della Repubblica di Venezia- Direzione Distrettuale Antimafia- e delegate alla Direzione Investigativa Antimafia. All’esito delle indagini si accertò l’operatività di un sodalizio criminale di stampo ‘ndranghetistico dedito alla commissione di numerosi delitti.

In particolare, erano emersi concreti elementi di prova che una società, gestita dai tre soggetti, all’epoca arrestati, era stata strumentalmente utilizzata per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui erano beneficiarie altre imprese riconducibili ad esponenti della criminalità organizzata di matrice calabrese operanti tra Veneto ed Emilia Romagna.
A partire dalle risultanze della pregressa indagine, sono state avviate ulteriori attività
investigative, tali da documentare gravi indizi relativi all’esistenza anche di altre società
ritenute vicine alla criminalità organizzata di tipo mafioso (‘ndrangheta), interessate alla
realizzazione di lavori – anche in appalti pubblici – nel settore edilizio.
Le successive verifiche svolte, avvalorate anche dalle dichiarazioni rese da un collaboratore
di giustizia, hanno determinato l’apertura di un nuovo procedimento penale e l’esecuzione
di complessi accertamenti bancari nei confronti di società esecutrici di lavori pubblici. Tali
rinnovate indagini, delegate dalla Procura di Venezia, in modo sinergico, alla Direzione
Investigativa Antimafia e dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Verona, sono state orientate all’attività di infiltrazione nel settore dell’edilizia in Veneto da parte di strutture locali di ‘ndrangheta afferenti, in particolare, alla cosca “Arena-Nicoscia”,
operante a Isola di Capo Rizzuto (KR).
Gli specifici approfondimenti investigativi eseguiti dai finanzieri del Nucleo di Polizia
Economico-Finanziaria di Verona – consistiti in disamine contabili, indagini finanziarie,
controlli incrociati, riscontri degli obblighi previdenziali sul personale  dipendente, interpolazione con le evidenze antiriciclaggio e mappature delle cointeressenze societarie – unitamente alle contestuali verifiche fiscali avviate in parallelo, hanno  permesso di riscontrare concreti elementi che suggeriscono una effettiva presenza di elementi di contiguità con la ‘ndrangheta in alcune delle imprese oggetto di attenzione, nonché di appurare la fittizietà di taluni rapporti tra imprese per la realizzazione di opere o la prestazione di servizi e di accertare, tra l’altro, la destinazione dei flussi finanziari a favore di imprese con sede in Calabria, rappresentate o riconducibili ad ambienti della criminalità organizzata. I destinatari dei provvedimenti sono indagati per i delitti di riciclaggio, autoriciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti), tutti aggravati, per il caso di specie, dal metodo mafioso  avendo costoro agito nell’interesse delle locali cosche di ‘ndrangheta.