12 aprile 2010, Sodano: “quel giorno che cambiò il modo di concepire l’elezione del sindaco di Mantova”

MANTOVA – 12 aprile 2010. A Mantova, per la prima volta nella storia repubblicana della città, viene eletto un sindaco di centro destra. Nicola Sodano sconfigge infatti al ballottaggio Fiorenza Brioni, con il 52,18% dei voti. A undici anni da quel giorno ripercorriamo proprio con una intervista a Nicola Sodano quell’elezione, per cercare di capire cosa ha rappresentato per la politica mantovana ma anche per i cittadini.
Che significato ha avuto secondo lei quel giorno di undici anni fa?
Penso sia stato un momento importante che ha cambiato il modo di concepire le elezioni del primo cittadino nella città di Mantova. Fino ad allora chi veniva scelto dai partiti di centro sinistra si sapeva che avrebbe automaticamente vinto e governato il capoluogo. In quell’elezione i cittadini votarono guardando alla persona: non c’era infatti una maggioranza di centro destra, che anche in quel periodo raccoglieva il tradizionale consenso intorno al 30% che aveva da anni. Ma c’era un sindaco uscente, Fiorenza Brioni, che aveva deluso molti cittadini e dall’altra parte un candidato moderato. Ero entrato in Forza Italia nel ’95, prima ero stato nel Psi, non ero dunque un personaggio troppo connotato di centro centro destra e infatti le mie proposte incontravano il favore anche di chi era di altre aree politiche. Non a caso ho avuto anche l’appoggio di parte del mondo diocesano e di quello del volontariato che storicamente appoggiano invece i candidati di centro sinistra. Credo che in qualche modo sia avvenuto un po’ quanto nel 2020 è successo con Mattia Palazzi. Oggi il centro sinistra a Mantova non ha il 71% conquistato da Palazzi ma lui è riuscito a convincere anche una grande fetta di elettori di centro destra.

Quando ha iniziato a crederci?
Subito dal momento in cui sono stato candidato. Non mi aspettavo la candidatura, ero si un quadro dell’allora Pdl ma non di certo di quelli che avevano diritto di parola sulla scelta del candidato sindaco. Dopo la candidatura però ho capito che c’erano le condizioni per potercela fare. Eravamo in un momento politico particolare e non a caso in Lombardia nel 2010 su 12 capoluoghi, 10 si sono ritrovati con sindaci di centro destra o civici. Poi c’è stata anche una componente di fortuna. Si percepiva che il sindaco uscente non era apprezzato dalla città, questo aveva creato anche delle divisioni in seno al centro sinistra con la diaspora di Zaniboni che certamente è tornata a mio vantaggio. Anche la stessa campagna elettorale del centro sinistra, caratterizzata da slogan molto di parte, credo mi sia venuta in aiuto. Ricordo ancora l’ultimo comizio della Brioni con lo slogan “votate Brioni per difendere la democrazia”.

Un grande traguardo dunque per il centro destra mantovano il 12 aprile 2010, eppure tutto dura molto poco perché già dopo poche settimane dalla formazione della giunta inizia una conflittualità all’interno della maggioranza che caratterizzerà tutti i cinque anni del suo mandato. Cosa è successo?
Si, sono stati anni di grande conflittualità dovuta sia ai personalismi di alcuni leader della coalizione ma anche ai limiti dello stesso centro destra che ha dimostrato di non essere sufficientemente maturo. Ci tengo a dire però che questa conflittualità non ha impedito di portare avanti l’azione amministrativa raggiungendo anche traguardi importanti.
E poi? Si direbbe che le divisioni del centro destra a Mantova sia continuate anche dopo il mandato di Nicola Sodano sindaco.
Si, ma vede dobbiamo anche tenere in considerazione che in piccole città come Mantova il sindaco diventa inevitabilmente il punto di riferimento di un’area politica. Quando nel 2015 mi è stato fatto arrivare un avviso di garanzia a pochi mesi dalle elezioni per un’indagine che poi è finita con la mia assoluzione piena dopo quattro anni di calvario, il centro destra a Mantova è rimasto orfano del suo leader principale. Quanto è accaduto ha comunque modificato la storia democratica della nostra città. Io avevo il diritto di ricandidarmi e di battermi per una mia riconferma ma questo non mi è stato consentito. Certo potevo farlo, perché nessuno me lo proibiva ma sono stato io in quella situazione ovviamente a rinunciare. Se non fosse arrivato quell’avviso di garanzia una mia candidatura, comunque fosse andata, avrebbe fatto scrivere una storia diversa del centro destra a Mantova. Su quanto accaduto a me e a molti altri amministratori italiani credo infatti sarebbe giusto avviare una seria riflessione.
Torniamo al centro destra mantovano, pare che cinque anni all’opposizione non siano bastati però a far superare le divisioni. Anche sulla candidatura di Rossi nel 2020 abbiamo visto più una unità di facciata che reale.
Rossi è un candidato che la città ha ritenuto inadeguato ma non perché lo dice Nicola Sodano ma perché parla l’esiguo 20% di voti ottenuti. Ma non è solo colpa di Rossi e qui torniamo al discorso iniziale: ci sono città tra cui Mantova dove il cuore anche politicamente batte a sinistra. Va tenuto conto di questa realtà nella scelta dei candidati, dei temi e delle proposte che questi possono portare avanti. Non si può avere candidati troppo connotati e impostare una campagna elettorale con temi e slogan che vanno contro al sentire della città.
Ma perchè allora è stata scelta questa candidatura? 
Sappiamo come è andata, inizialmente erano emersi più candidati con l’obiettivo di corse in solitaria al primo turno. Poi ha prevalso l’obiettivo dell’unità della coalizione e i dirigenti provinciali e regionali dei partiti hanno indicato questa strada. Speriamo che da questa esperienza si possano trarre degli insegnamenti per il futuro.
E del quadro politico nazionale cosa pensa? Il governo Draghi è il preludio di quale scenario?
Abbiamo praticamente un governo di unità nazionale e nel Paese c’è un equilibrio politico quasi totale. 14 Regioni sono in mano al centro destra e 5 al centro sinistra mentre le grandi città sono quasi tutte appannaggio del centro sinistra. Probabilmente con le prossime elezioni il centro sinistra conquisterà qualche Regione in più ma cederà qualche grande città. Certo la situazione politica è in continua evoluzione, quelli del 2010 e di oggi ad esempio sono due mondi completamente diversi, in ogni caso auspico uno schema che metta fine a queste coalizioni così disomogenee. Le elezioni del 2018 ci hanno consegnato l’ingovernabilità e il mito della coalizioni ritengo sia definitivamente crollato. Spero dunque si torni a un proporzionale con uno sbarramento che meglio potrebbe rispondere alla nostra democrazia.