“L’introduzione del possesso del Green Pass per accedere ai luoghi di lavoro, a seguito di vaccinazione o di tampone effettuato nelle 48/72 ore precedenti, ha sicuramente l’effetto di ridurre la presenza di lavoratori affetti da Covid nei luoghi di lavoro ma al contempo si percepisce come il tentativo di scaricare i costi di questa scelta sui lavoratori“, così la Faisa Cisal che si dice da sempre orientata all’effettiva ricerca dei massimi standard di sicurezza possibile in tutti i luoghi ed i mezzi di lavoro. Sicurezza i cui costi devono però ricadere su chi si assume la responsabilità di emanare determinati provvedimenti legislativi e/o sulle imprese.
Una precisazione che arriva alla luce dell’estensione dell’obbligatorietà del Green Pass, stabilito per Decreto per tutto il mondo del lavoro sia pubblico che privato dal 15 ottobre. “Partendo dall’assunto che in mancanza di un’obbligatorietà vaccinale, potestà che spetta solo ed esclusivamente al legislatore, il quale eventualmente se ne dovrebbe assumere la responsabilità, sia politica che civile, la decisione se vaccinarsi o meno resta esclusivamente una scelta del singolo cittadino”. Per la Faisa Cisal, inoltre, “risulta assolutamente fuorviante confondere la maggior tutela e sicurezza nei luoghi di lavoro con l’obbligo vaccinale; la prima deve essere a carico delle aziende mentre la seconda, fino ad oggi, resta una libera scelta di tutti i cittadini ed i lavoratori di questo paese. Fino a che la situazione pandemica, normativa e contrattuale resterà quella ad oggi in essere sarebbe logico che gli eventuali tamponi effettuati dai lavoratori, che non potessero o non volessero vaccinarsi, restino a carico delle aziende per le quali prestano la loro attività lavorativa”.