Quei venti preti e quei laici cattolici mantovani che abbracciarono la Resistenza per “reagire al disumano”

Quei venti preti e quei laici cattolici mantovani che abbracciarono la Resistenza per

MANTOVA – Il Cln, il Comitato di Liberazione nazionale a Mantova si costituì il 7 luglio 1944 nella casa di un prete, don Costante Berselli che rappresentava la neonata Democrazia Cristiana, e vi aderirono tutti i partiti antifascisti, dalla stessa Dc al Pci, dal Psi al Pli. Già questo particolare dà un’idea ben precisa di cosa significò nella provincia virgiliana l’impegno dei preti nella Resistenza, e non solo per don Berselli che pochi giorni dopo, il 2 agosto, venne arrestato mentre nella chiesa di san Gervasio e Protasio utilizzava una ricetrasmittente per trasmettere al comando alleato di Bari notizie sugli spostamenti dei tedeschi. Venne inviato a Dachau, da dove fece ritorno alla fine della guerra. Con lui c’era anche don Aldo Porcelli che invece riuscì a fuggire.
E’ uno dei principali episodi raccontati stamani dallo storico don Giovanni Telò, autore di numerosi saggi sul movimento cattolico del ‘900, sul fascismo e sulla Resistenza.
Lo ha fatto nel teatro del Gradaro in occasione del convegno organizzato dalla Cisl Asse del Po insieme al Movimento federalista europeo, in preparazione del prossimo 25 aprile, dedicato al tema dei “cattolici mantovani attivi nella Resistenza degli anni 1943-1945”.
“Furono una ventina i sacerdoti mantovani che presero parte alla Resistenza su un totale di trecento in una Diocesi guidata da un vescovo come Domenico Menna di chiare simpatie fasciste- spiega don Telò – Non tutti i sacerdoti furono impegnati con la Resistenza armata”.
Anche don Sergio Lasagna ad esempio istituì il Cln nella sua abitazione a Moglia, al quale fecero parte laici e sacerdoti del luogo (don Lino Goffredi e don Guglielmo Freddi). Altri Cln si riunivano regolarmente nelle canoniche, alcuni sacerdoti furono diffusori di stampa clandestina, oppure hanno protetto persone che appartenevano alla Resistenza o vivevano alla macchia. Altri sacerdoti furono diffidati o mandati al confino per aver parlato contro la guerra.
E ci fu chi come don Dino Biancardi, parroco di Sustinente non venne deportato in Germania, ma trascorse tre mesi in carcere, nel 1944, a Mantova e Verona. L’accusa, senza prove, era quella di aver favorito l’attività partigiana. L’esperienza del carcere fu  drammatica per don Biancardi: in prigione, contrasse una malattia cardiaca che lo porterà alla morte nel 1948 a soli 34 anni.
Alle iniziative dei religiosi si associarono circa duecento cristiani laici, attivi soprattutto nelle formazioni delle Fiamme Verdi, partigiani di ispirazione cattolica. “Furono presenti specialmente nella zona occidentale della diocesi (Acquanegra sul Chiese, Asola, Casaloldo, Castel Goffredo, Gazoldo degli Ippoliti, Piubega) – spiega don Telò – quella che era più vicina a Bozzolo e risentiva dunque dell’azione di don Primo Mazzolari, il quale per un periodo entrò in contatto con don Berselli e dopo due arresti, alla fine dell’agosto 1944, dovette nascondersi per sfuggire ai tedeschi. Ritornerà tra la sua gente dopo la Liberazione.
Quale dunque il messaggio lasciato dai sacerdoti e dai laici cristiani che abbracciarono la causa della Resistenza? “Per rispondere vorrei prendere a citazione una frase di Padre Turoldo che disse “la Resistenza era la scelta dell’umano contro il disumano” una scelta dunque per ripristinare il valore della dignità della persona umana” conclude Telò.
Tanti i partecipanti al convegno, aperto dal segretario generale della Cisl Asse del Po Dino Perboni, e che ha visto tra i numerosi interventi quelli del presidente della Provincia Carlo Bottani, del presidente del Consiglio Comunale di Mantova Massimo Allegretti, del segretario di sezione del Movimento federalista europea Giuliano Cantoni, e dell’ex deputato Ruggero Ruggeri.