Covid, Iss: su virus possibile efficacia farmaco anti-Hiv

 Contro il Covid-19 potrebbe avere un’efficacia il Cobicistat, un farmaco usato nella terapia dell’Hiv/Aids. Lo comunica l’Istituto superiore di sanità, riportando i risultati di uno studio – condotto per ora solo in vitro e in un modello animale – pubblicato da un gruppo internazionale di ricercatori su ‘mBio’, rivista dell’American Society of Microbiology. Fra i coordinatori del team c’è anche Andrea Savarino dell’Iss.

Dal lavoro emerge che Cobicistat inibisce la moltiplicazione di Sars-CoV-2 con un meccanismo diverso da quello delle terapie ad oggi utilizzate, ossia bloccando la fusione del virus alle cellule bersaglio. Su un modello animale di criceto (Mesocricetus auratus), inoltre, il farmaco si è dimostrato in grado di attenuare la progressione della malattia potenziando l’effetto dell’antivirale remdesivir.

Cobicistat è stato selezionato con un approccio di riposizionamento farmacologico, essendo tipicamente utilizzato come booster per potenziare l’attività di inibitori della replicazione dell’Hiv, incrementandone i livelli nel sangue. Secondo studi condotti durante e subito dopo l’epidemia di Sars-CoV (2003) anche da Savarino, l’uso di questa classe di booster avrebbe potuto inibire la proteasi dei coronavirus. I tentativi di impiegare cobicistat all’insorgere dell’epidemia di Sars-CoV-2 non avevano portato risultati significativi. Ma come spiegano gli autori della nuova ricerca, uno dei motivi principali sono i dosaggi necessari a ottenere un effetto inibitorio contro la replicazione del virus. Lo studio indica infatti che “cobicistat inibisce efficacemente la moltiplicazione di Sars-CoV-2 a livelli circa 4 volte superiori a quelli somministrati nelle sperimentazioni cliniche iniziali”, sottolinea Savarino.

“Inoltre – prosegue il ricercatore Iss – dalla ricerca è emerso che il meccanismo è diverso da quello inizialmente postulato sulla base di simulazioni al computer: il farmaco non inibisce la proteasi di Sars-CoV-2, ma ostacola la corretta formazione della proteina Spike, la stessa contro cui agiscono i vaccini e che serve a far penetrare il virus nelle cellule”.

Come descritto nell’articolo – evidenzia ancora l’Istituto superiore di sanità – questo meccanismo è stato confermato da una serie di esperimenti condotti con tecniche tradizionali e innovative da tre gruppi di ricerca, due all’università di Heidelberg, in Germania, e l’altro alla Yale University, negli Usa. Un aspetto importante riscontrato nello studio è che cobicistat, a dosaggio pieno, può aumentare l’efficacia antivirale del remdesivir, non solo in provetta, ma anche in vivo in un esperimento su modello animale condotto alla Freie Universität di Berlino. L’importanza di quest’osservazione – rimarcano dall’Iss – risiede anche nel fatto che il remdesivir ha finora dimostrato un’efficacia clinica parziale, come risulta evidente dai risultati discordanti delle grandi sperimentazioni cliniche. Pertanto l’aggiunta di un ulteriore componente in grado di incrementare l’efficacia del remdesivir potrebbe rappresentare un passo importante nello sviluppo di terapie efficaci contro Covid-19.

“L’aspetto più importante del nostro studio – afferma Iart Luca Shytaj, visiting professor all’università federale di San Paolo in Brasile, e autore principale del lavoro – è la dimostrazione che un composto che coadiuva l’azione di altri farmaci possa anche avere un effetto antivirale in vivo. Questo doppio effetto potrebbe consentire di saggiare una vasta gamma di combinazioni farmacologiche, per arrivare ad avere un cocktail ottimale che possa inibire completamente la replicazione del virus”.

(Adnkronos)