Sindrome di Down. L’estate di Youssef e quelle “scuse ridicole” per escludere

(Adnkronos) – L’estate di Youssef, 11 anni: avanti e indietro per 30-40 chilometri, per trovare un posto inclusivo che lo accolga. Un posto in un centro estivo come è previsto per i bambini della sua età, al termine dell’anno scolastico. Ma la bella stagione ogni anno “è un problema per le famiglie con ragazzi disabili”, racconta Manuela, la sua mamma. Youssef, occhi vispi che sorridono dietro gli occhiali dalla montatura blu, ha la sindrome di Down, frequenta la quinta elementare, vive a Chiusa di Pesio in provincia di Cuneo, un piccolo comune. La sua storia, raccolta dall’Adnkronos Salute attraverso Coordown – Coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di Down nella Giornata mondiale dedicata alla patologia, è una delle tante testimonianze arrivate in risposta alla campagna internazionale ‘Ridiculous excuses, not to be inclusive’, lanciata quest’anno sui social da Coordown e diventata trending topic con 11,5 milioni di visualizzazioni da parte della community di TikTok.  

Il video originale che lancia la campagna mostra una carrellata di situazioni in cui, con giustificazioni poco credibili, sono stati negati diritti. Dopo ogni storia scatta un irresistibile jingle. In breve tempo dal debutto dell’iniziativa si è scatenato un effetto a catena: una pioggia di ‘scuse ridicole per non essere inclusivi’ sono state raccontate in brevi video-storie. L’obiettivo della campagna era proprio questo: popolare il social con questi racconti. E in una sola settimana l’hashtag di campagna #RidiculousExcuses ha già raccolto 50 milioni di visualizzazioni. Decine e decine di storie di ordinaria esclusione, come quella di Youssef: “Lo scorso anno volevo iscriverlo all’Estate Ragazzi, cioè ai programmi dei centri estivi regionali – spiega Manuela entrando nei dettagli della sua esperienza – ma dopo un mese trascorso serenamente grazie a un bando pubblico in un campo, ho provato a chiedere ad altri centri estivi per i restanti mesi”.  

Nulla di fatto: “In uno di questi ci hanno detto che senza un assistente alle autonomie pagato da noi non avrebbero preso mio figlio. Ma quello che mi ha ancora fatto più arrabbiare – continua – è stata la risposta degli organizzatori di un altro centro, che mi hanno detto che non potevano accoglierlo perché non avevano un’assicurazione per bambini con problematiche, come se Youssef richiedesse chissà quali precauzioni particolari”. Per questo Manuela si è rivolta allo Sportello antidiscriminazioni del Comune di Cuneo. La mamma di Youssef però porta anche la testimonianza di come le cose possono funzionare. “Oltre alle esperienze escludenti”, dice, per loro c’è stata “una vera e propria oasi nel deserto”.  

A volte basta poco per fare la differenza: il fattore umano. “Abbiamo potuto iscrivere Youssef ad Aikido in un gruppo di ragazzi normodotati – sorride mamma Manuela – grazie a un insegnante molto accogliente e preparato che ci ha spinto a inserire mio figlio insieme agli altri e totalmente alla pari. Questo ha migliorato moltissimo la sua capacità di stare in gruppo e seguire le regole dello sport con serenità, cosa che invece non accade a scuola dove non viene aiutato a integrarsi con gli altri”.  

Per un lieto fine ce ne sono tanti altri che lasciano l’amaro in bocca. E l’esclusione non ha confini né fra Paesi né fra patologie. Tocca tutto lo spettro delle disabilità, come emerge dai video arrivati nell’ambito della campagna. “Mi spiace, il montascale funzionava fino a 5 minuti fa”, si è sentita rispondere Arianna, giovane donna in sedia a rotelle, dal cameriere di un ristorante non attrezzato per permettere alle persone con disabilità di bypassare l’ostacolo delle scale per accedere al locale. “La mia classe doveva andare in Spagna in gita scolastica. Non mi hanno portato perché non erano attrezzati”, racconta Emma, ragazza con la sindrome di Down, nel suo video.  

“Ci siamo trasferiti in un’altra città e siamo andati a iscrivere i nostri figli a scuola – riporta una mamma straniera – L’amministrazione ci ha detto che avremmo potuto registrare i ragazzi, ma ci hanno consigliato di mandare Alex in una scuola speciale, per timore che sarebbe stato preso in giro per avere una sorella con sindrome di Down”. Jingle, altra storia dall’Italia: “I miei compagni di classe avevano organizzato una cena e non mi avevano invitato – dice Irene – io gli ho chiesto perché e mi hanno risposto che non avevano le sedie”. Arriva da fuori la storia di Luka: nel video si trova davanti a una rete altissima, oltre la quale c’è un campo da basket e si intravede una struttura scolastica. La scusa per non accettare la sua domanda di iscrizione? “Dicono che avrei potuto arrampicarmi e uscire e che non era sicuro”, sorride. “Davvero”, incalza mentre la telecamera indugia sulla rete alta svariati metri. 

“Ho chiesto ai miei amici di giocare con loro – racconta il piccolo Mario – e mi hanno detto: no, perché poi ti fai male”. Ma la lista di ‘scuse ridicole’ continua: Nino vive all’estero, è stato escluso dal centro estivo perché lo staff non avrebbe potuto aiutarlo, gli è stato detto; Riccardo vorrebbe andare a una festa, ma gli dicono di no perché ci sono troppe scale e lui ha il deambulatore. “Non puoi iscriverti alla classe di recitazione perché rallenteresti tutti”, si è sentito replicare Matthew. “All’open day per iscriverci in prima elementare ci hanno risposto che probabilmente non era possibile perché non avevano personale medico”, raccontano mamma Roby e il suo Michele. Altra testimonianza dall’estero quella di Zunaria, rifiutata dal corso di nuoto (mentre il fratello era stato accettato) perché, “se rovina l’acqua, poi chi paga?”.  

La campagna ha raccolto la partecipazione anche di volti più conosciuti. Come quello di Damiano dei Terconauti, un trio artistico molto attivo sui social e impegnato in un’attività di sensibilizzazione sull’autismo. “Sono autistico, volevo prendere la patente, chiesi in scuola guida di iscrivermi al corso e mi dissero che avevano finito le automobili”, racconta Damiano con il suo sorriso contagioso. E poi Marina Cuollo, 42 anni, una laurea in Scienze biologiche e dottorato in processi biologici e biomolecole. Affetta da una malattia molto rara si è fatta strada come scrittrice, umorista, speaker radiofonica. “Quando ero all’università e stavo per laurearmi – racconta nel suo video – cercavo un professore per la tesi sperimentale e ricevevo molti rifiuti” con le scuse più varie. “Una particolarmente ridicola che ricordo è stata: non possiamo prenderti perché nel laboratorio non c’è abbastanza spazio”.  

Il messaggio è chiaro e lo riassume Luca Trapanese, padre adottivo single di Alba, bimba affetta da sindrome di Down, noto anche per la lettera scritta alla premier Giorgia Meloni: “Ragazzi, basta scuse ridicole. Siamo stanchi di scuse inaccettabili che non ci fanno essere inclusivi”, chiosa con in braccio la sua amata Alba. 

(Adnkronos)