Il governo Meloni apre alla possibilità di rimettere mano ad alcune norme inserite in manovra 2013 ma non convince Cgil e Uil che confermano gli scioperi regionali proclamati nei giorni scorsi contro la legge di stabilità; così il 12 incroceranno le braccia i lavoratori della Calabria, il 13 sarà la volta della Sicilia e dell’Umbria, la Puglia sciopererà giovedì 14 dicembre mentre giovedì incroceranno le braccia i lavoratori di Abruzzo, Marche e Piemonte e venerdì 16 dicembre si fermeranno tutte le altre regioni dall’Alto Adige al Lazio. Fumata nera dunque per Cgil e Uil al secondo round tra governo e sindacati sulla manovra. Soddisfatta invece la Cisl di Luigi Sbarra, che già aveva ricusato lo sciopero proclamato dai sindacati cugini, sulla ‘grande disponibilità a modificare la manovra”, arrivata dal premier. Annotazione positiva anche dall’Ugl: “Il momento è difficile e non è l’ora della piazza ma del dialogo”, ha spiegato il segretario Paolo Capone.
Le risposte arrivate dal premier Meloni dunque, scandiva il leader Cgil Maurizio Landini al termine, “hanno confermato le profonde distanze sul fisco e la precarietà e anche sulla tutela del potere d’acquisto: avevamo chiesto un taglio cuneo del 5% e l’introduzione del fiscal drag ma non sono arrivate risposte se non un generico “valuteremo le risorse”. Risposte che hanno reso perciò evidente, la necessità di “proseguire la mobilitazione”. In linea anche la Uil di Pierpaolo Bombardieri. “Abbiamo ribadito il nostro giudizio negativo. Non c è stata nessuna risposta nè su salari e pensioni nè sul cuneo fiscale”.
Non è bastato dunque il riconoscimento da parte della premier di richieste sindacali “sensate” e la volontà di intervenire, previa valutazione dei costi, sui capitoli relativi alla detassazione dei contratti, al taglio del cuneo fiscale, allo stop alla perequazione previdenziale e alla modifica di Opzione donna, per disinnescare la protesta sindacale. “Siamo sostanzialmente disponibili a ragionare su alcune cose: prendiamo l’impegno a farlo nel più breve tempo possibile. Spero di poter fare qualcosa di più, sin da subito”, aveva detto in apertura, secondo fonti presenti all’incontro, il premier Meloni assicurando che il governo avrebbe per questo “lavorato in Cdm per realizzarle nei tempi più brevi possibili”.
D’altra parte, annotava Meloni se “molte delle proposte sono sensate, spetta però al governo la responsabilità di fare le scelte. Se mettessimo in fila tutte le richieste non ci sarebbero mai le risorse per fare tutto”, sottolineava. Così sulla detassazione degli aumenti contrattuali, “sarei d’accordo ma faremo le quantificazioni perché è opportuno costruire un condizionamento, un legame con le aziende sulla base di comportamenti virtuosi”.E ancora sul taglio del cuneo fiscale: “abbiamo voluto dare un segnale ma vogliamo fare di più, queste sono state scelte di emergenza ma siamo d’accordo che il tema del taglio del costo del lavoro sia una priorità: sarei felicissima di poter fare di più, il problema sono le coperture” , riconosceva ancora Meloni al tavolo prima di passare al capitolo ‘pensioni’, l’unico su cui la volontà di intervento appare più decisa. Sullo stop all’indicizzazione degli assegni infatti, il governo “si riserva un ulteriore valutazione sulle soglie”, annunciava difendendo però al tempo stesso la selezione operata dalla norma inserita in manovra: “abbiamo deciso di aiutare chi non ce la faceva” e, visti i margini di spesa ridotti, “abbiamo dovuto operare delle scelte”, spiegava.
Al centro dell’attenzione dell’esecutivo anche Opzione donna: “stiamo valutando proposte di modifica”, assicurava, così come sui voucher: “è un tema delicato, ha bisogno di ulteriori riflessioni, non deve diventare uno strumento per sottopagare i lavoratori”. Difesa a tutto campo invece sulla flat tax: “non introduce alcun discrimine e non penalizza i lavoratori dipendenti”, e sulle accuse rivolte all’esecutivo di voler difendere l’evasione fiscale. “Nella manovra non c’e’nessun segnale di lassismo sull’evasione fiscale. Le misure legate al Pos e al tetto al contante non c’entrano nulla con l’evasione”, precisava ancora Meloni.
E per dare il segno che l’esecutivo si pone obiettivi a breve termine il premier ha annunciato l’avvio da gennaio di una serie di tavoli tematici da tenersi presso i ministeri competenti. Così, secondo il ruolino di marcia messo a punto oggi, il 12 gennaio si parte con il tema sicurezza sul lavoro da discutere con le parti sociali al ministero del Lavoro, seguirà il 19 gennaio quello sulla riforma delle pensioni. Sempre per il 19 nuovo confronto in arrivo questa volta al Mef dove Giorgetti riunirà le parti sociali per verificare la possibilità di “rafforzare la tassazione degli extraprofitti alle multinazionali e all’economia digitale”.
Anche il ministro delle imprese Adolfo Urso, dopo la manovra economica, aprirà il suo tavolo con i sindacati al Mimit sulla politica industriale italiana e sulle conseguenti posizioni che si porranno in sede europea. Analogo confronto si terrà anche con le associazioni di impresa. “In tale contesto affronteremo anche la riforma degli incentivi che sarà realizzata come collegato alla manovra di bilancio”, avrebbe detto ancora Uorso secondo fonti presenti all’incontro rassicurando Cgil, Cisl e Uil sul tavolo automotive: “garantisco che al tavolo automotive parteciperanno anche i sindacati”.
Tavoli dunque al via che però raccolgono anch’essi lo scetticismo di Cgil e Uil. “Quando il governo parla di avviare una serie riforme intende il prossimo anno”, annota ancora Landini mentre Bombardieri si affida ad una citazione celebre: ‘dico che con i tavoli non si pagano le bollette né si mangia”. (Alessandra Testorio)