(Adnkronos) – Se da tempo i padri entrano nelle sale parto, una volta a casa i ruoli della coppia genitoriale tendono ad essere ancora molto differenziati e differenzianti: in Italia, infatti, il 75% del lavoro di cura spetta ancora alle donne. Non solo: anche sul lavoro i neopapà tendono a non condividere questa esperienza fondamentale di vita. Pregiudizi di genere e culturali? Scelte consapevoli o irrazionali? A prescindere dalle singole situazioni, finalmente oggi anche nel nostro Paese l’approccio dei nuovi genitori al rapporto lavoro-famiglia sta lentamente aprendosi ad una gestione più paritaria della ‘cura familiare’. E, anche grazie a chi promuove il valore della presenza del secondo genitore fin dai primi mesi di vita del bambino, le aziende si stanno sempre più orientando verso pratiche e policy di paternity leave.
Come emerge infatti da uno studio di Save the Children Italia, i papà non sempre riescono a conciliare il lavoro con la cura dei figli e il numero di padri che ha lasciato l’occupazione nel 2021 è aumentato del 55% rispetto al 2020 mentre c’è stato un aumento dell’85,3% nei padri che, con la nascita di un figlio, hanno iniziato a considerare la distanza della sede di lavoro come un problema. Si tratta, quindi, di una prima inversione di tendenza che sempre più è supportata a livello di welfare dalle aziende. Lo dimostra Nestlé che già dal 2012, e per prima in Italia, aveva introdotto due settimane aggiuntive di congedo retribuito per il lavoratore padre o secondo caregiver; misura superata poi nel 2022 con la ‘Nestlé baby leave’, un congedo retribuito di 3 mesi di cui può usufruire il secondo caregiver lavoratore in occasione della nascita di un figlio o dell’adozione di un minore.
Ad un anno di distanza dall’adozione della policy della Baby Leave, Nestlé si è dunque interrogata sui dati e sui benefici nella gestione del neonato e dei carichi familiari da parte del secondo caregiver. “I risultati emersi fanno ben sperare”, ha evidenziato Giacomo Piantoni, hr director di Nestlé Italia. “Infatti, il 78% dei neopapà in azienda ha usufruito dell’opportunità e il 100% la consiglierebbe e la riprenderebbe con la nascita di un secondo figlio. Inoltre, il 27% dei papà ha dichiarato che, dopo aver gestito insieme questo momento così importante, prenderà in carico autonomamente attività che prima non faceva, per creare un nuovo equilibrio nel carico di lavoro domestico e di cura della famiglia”, ha continuato.
Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta e ricercatore del dipartimento scienze biomediche, università degli studi di Milano, presente all’incontro, ha sottolineato come “dal punto di vista psicologico, il dato è estremamente significativo, poiché implica che 1 papà su 4 si sente capace e vuole mettersi in gioco. Altro aspetto significativo è relativo alla teoria dell’attaccamento di J. Bowlby, secondo cui quando nasce un bambino nasce anche il genitore. Si crea dunque un ciclo virtuoso tra il papà e il bambino per cui fornire cura e stare in relazione con il piccolo aumenta il rapporto di connessione e attaccamento”.
Il congedo di paternità e il ruolo del papà sono concetti di cui si è riflettuto e discusso tanto negli ultimi anni, ma oltre ad apportare un cambiamento nella cultura di genere, con queste azioni si protegge non solo il neonato ma anche la compagna o il primo caregiver. Come ha sottolineato Alberto Pellai ci sono infatti evidenze scientifiche che dimostrano che “un padre presente e coinvolto è il più grande stabilizzatore contro il rischio di depressione e baby blues post partum della mamma”. Nonostante il forte gradimento della policy e i benefici tangibili che questa scelta porta a tutta la famiglia, persistono ancora molti timori e pregiudizi attorno al tema del congedo di paternità: dalla paura di possibili effetti negativi sullo sviluppo della propria carriera all’atteggiamento talvolta ostile dei colleghi e del proprio capo.
Di questi temi si è discusso alla tavola rotonda organizzata da Nestlé in occasione dell’anniversario della Baby leave. A mediare l’evento Valore D che da sempre lotta per l’equilibrio di genere e una cultura inclusiva per la crescita delle aziende e del Paese. “All’interno delle famiglie il cambiamento sta già lentamente avvenendo ma ha bisogno di azioni concrete da parte di molte aziende e delle istituzioni stesse che lo rendano sempre più possibile e che possano portare ad una trasformazione culturale dei modelli di riferimento maschili e del loro ruolo in famiglia”, ha concluso Piantoni. Tra le aziende che hanno partecipato all’incontro per mettere in comune le best practice e delineare percorsi futuri anche Warner Bros Discovery, Sanofi, Hewlett-Packard.