A Capodanno si mangia di magro o no? Qualche curiosità su cene e cenoni

Se è ormai assodato che la Vigilia di Natale secondo la tradizione religiosa si mangia di magro (anche se poi vedremo che le cose sono cambiate) e ci si astiene quindi dal mangiare carni, diverso è il discorso dell’ultimo dell’anno.
C’è infatti chi segue l’esempio di Natale e mangia di magro il 31 e la carne il primo dell’anno. C’è chi invece mangia tranquillamente carne, e chi fa un mix, di magro fino a mezzanotte e poi cotechino e lenticchie subito dopo il brindisi.
Ma vediamo da dove arrivano queste tradizioni. Bisogna andare indietro fino al Concilio di Trento (che durò all’incirca un ventennio dal 1545 al 1563), che stabilendo le regole di digiuno, l’astinenza dalle carni e quali cibi fossero inclusi nel concetto di “magro”, spostò l’Italia verso il consumo di pesce che fino ad allora non era molto facile trovare sulle tavole. Ecco allora che divennero popolari il merluzzo, sia baccalà che stoccafisso e gli altri pesci facilmente conservabili facendo diventare il pasto “di magro” ma saporito e nutriente. Si perchè mangiare di “magro” non vuol dire fare la fame.
Per questo che ancora oggi, a distanza di cinque secoli, per la vigilia di Natale e di Capodanno in tavola si porta pesce, anche se la Chiesa da tempo ha abolito questa regola, precisamente quando il 17 febbraio del 1966 Papa Paolo VI ridusse i giorni di digiuno (escludendo quindi la vigilia di Natale) e precisò che: “La legge dell’astinenza proibisce l’uso delle carni, non però l’uso delle uova, dei latticini e di qualsiasi condimento anche di grasso di animale”.
Chi continua a seguire la tradizione ancora oggi, quindi, lo fa più perchè è entrata nelle abitudini della famiglia che non per questioni religiose.
Diverse sono le abitudini a seconda della città: a Roma per esempio è tradizione la sera della Vigilia mangiare pasta e broccoli in brodo di arzilla (razza chiodata), mentre a Genova si usa cucinare il cappon magro (piatto scenografico a base di pesci e verdure). Comunissime anche l’anguilla e il capitone e come dimenticare il baccalà alla vicentina. A Mantova rigorosamente tortelli di zucca il 24 dicembre e agnoli a Natale, per San Silvestro e Capodanno la scelta è più “libera” e si va a gusti e tradizioni di famiglia.
Mangiare di magro vuol dire anche mangiare legumi, vedi le lenticchie, da sempre carichi di simbologie e buoni auspici. E se anche per il Natale ormai si mangia quello che si preferisce, ancora di più lo si fa sia per l’ultimo dell’anno che per il 1° gennaio, dove la scelta ricade sui gusti personali e sui cibi tipici della propria regione.

Ecco allora al Nord i canederli in brodo del Trentino Alto Adige, o i tortellini dell’Emilia Romagna, il baccalà alla vicentina e la polenta fritta in Veneto. In Piemonte a fare da padrone sono i bolliti, mentre in Liguria c’è il tradizionale cappon magro a base di pesce e verdure. Olive asolane e cremini marchigiani sono tipici del centro e in particolare delle Marche, mentre nel Lazio torna protagonista il baccalà, ma questa volta fritto e in Toscana non possono mancare il pâté di fegatini e la faraona arrosto. In Umbria le lenticchie di Norcia cucinate con la salsiccia o il cotechino, in Molise si opta per la zuppa alla santè, il tipico brodo delle feste molisano.
Spostandoci al Sud e sulle Isole arrivano il capitone e gli spaghetti con le vongole tipiche del Capodanno in Campania, o delle simili crespelle, servite in brodo in Abruzzo.
In Puglia si inizia con i panzerotti fritti, si prosegue con l’anguilla arrostita e l’agnello al forno con i lampascioni, in Sicilia è possibile trovare gli involtini o braciole di carne impanati accompagnati con la caponata mentre in Sardegna la tradizione prevede piatti a base di agnello e come dessert dolci a base di ricotta con miele come le pardulas.