Stipendi pubblici, salta il tetto dei 240mila euro. Scoppia la polemica

E’ già polemica per il via libera dato dal Senato, con il decreto aiuti bis, a una deroga al tetto a 240mila euro degli stipendi dei dirigenti pubblici. Si tratta, viene sottolineato nella sede dell’esecutivo, di una “dinamica squisitamente parlamentare”, frutto di una intesa tra i partiti.  La norma è stata accolta con “disappunto” da Palazzo Chigi.

”Un follower mi chiede come mai è saltato il tetto allo stipendio dei manager pubblici? Quello era un tetto che avevo messo io. Oggi il governo ha fatto questa riformulazione e non avevamo alternativa che votarlo per evitare che saltasse tutto e saltassero 17 miliardi di aiuti alle famiglie…”. Lo ha rivelato Matteo Renzi in collegamento Facebook dal Senato.

“Siamo molto soddisfatti dell’approvazione del dl aiuti bis. Purtroppo nel testo è passato anche un emendamento di Forza Italia riformulato dal Mef come tutti gli emendamenti votati oggi con parere favorevole, che non condividiamo in alcun modo e che elimina il tetto dei 240 mila euro agli stipendi di una parte della dirigenza apicale della pubblica amministrazione –  dicono Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, presidenti dei gruppi Pd -. Pertanto presenteremo alla Camera un ordine del giorno al dl aiuti bis, impegnando il governo a modificare la norma e ripristinare il tetto nel primo provvedimento utile e cioè nel dl aiuti ter”.

Sull’emendamento che prevede una deroga al tetto degli stipendi dei manager pubblici per una serie di figure di vertice della P.a. e delle forze dell’ordine, il Ministero dell’economia, secondo quanto si apprende, ha datosolo un contributo tecnico sulle coperture. Si tratta di un emendamento parlamentare, si spiega, per la cui attuazione comunque è necessario un provvedimento successivo.