Pegognaga, l’amaro sorriso delle Suore Sacramentine

Da sx Suor Anna Capiluppi, la superiora suor Catalda Bisignano, e suor Graziana Bonanno

PEGOGNAGA – I loro occhi esprimono sorriso. Ma dietro la mascherina anti-covid si intuisce la sofferenza delle tre Suore Sacramentine, Catalda Bisignano superiora, Graziana Bonanno, Anna Capiluppi. Più che giustificata la loro amarezza giacché fra qualche mese dovranno ritornare in convento a Bergamo dopo aver speso la loro vita con totale dedizione ai pegognaghesi. Intuibile l’amarezza profonda di suor Catalda, che ha donato a Pegognaga, e contemporaneamente buona parte a Quistello, il fiore di 54 anni della sua esistenza. Ma vorrebbe donare anche il resto della vita, perché fa parte integrante di queste comunità. E che dire di suor Anna, pegognaghese puro sangue, fattasi Sacramentina da ragazza, affascinata dalla generalizia madre Noemi Debalini, all’epoca superiora della comunità laurenziana. In fine suor Graziana, laureata in matematica, siciliana come suor Catalda, a Pegognaga da un minor numero di anni, s’é al pari integrata, per cui oggi condivide appieno la sofferenza delle consorelle. Le tre suore dovranno rientrare in Casa Madre, perché da Bergamo l’ordine delle Sacramentine non é più in grado di inviare giovani suore a rimpiazzare le consorelle decedute, che pure sono rimaste profondamente nel cuore della comunità laurenziana: 2008, l’amatissima superiora Luigia Pesenti; 2010, la riservata ma dolce Annina Damiani; 2013, l’esuberante profondamente colta Grazia Sfragara; 2018, l’operaia della Marelli Domenica Tremolada scampata al bombardamento della fabbrica, fattasi suora dopo aver assistito a Milano anche alla strage di bimbi e suore d’un asilo sotto le bombe. «A preannunciarci che questa casa di Pegognaga sarà chiusa – ci dice la superiora – é stata la Madre Provinciale, come di prassi. Le motivazioni reali sono l’invecchiamento nostro e l’impossibilità di rimpiazzarci». Osserviamo “Eppure risulta che soprattutto in Africa e in Brasile le vocazioni non manchino; non potrebbero venire qui delle suore di colore?” «Impossibile. L’opera pastorale nelle terre di missione deve essere affidata soprattutto a suore appartenenti a quelle popolazioni. In secondo luogo le ragazze di colore trovano molte difficoltà di adattamento sociale e alimentare. Faticano molto quando vengono in Italia per pronunciare i voti pur venendo in Casa Madre per un breve periodo; perciò soffrirebbero ancor più se fossero stanziate qui». «La realtà purtroppo – osserva con amara trasparenza – é che oggi noi a Pegognaga… che cosa stiamo facendo?» Un interrogativo che rimarca il raffronto con gli anni in cui le Sacramentine non solo gestivano la scuola materna e colloboravano con i sacerdoti per la catechizzazione dell’infanzia, ma creavano scuole di ricamo e cucito, organizzavano il doposcuola ante litteram gratuito per scolari studenti e persino universitari, facevano opera assistenziale per anziani e persone sole, organizzavano celebrazioni religiose, erano di conforto a molti infermi. «…oggi che stiamo facendo?» L’amarezza é profonda, accentuata dagli ostacoli ad ogni progetto dalla pandemia. Ed é proprio alla pandemia che i pegognaghesi fanno maggior carico dell’evento sicuramente non previsto e mai atteso della propgrammata chiusura della casa delle suore. Quella casa che proprio per loro costruirono in via don Tazzoli negli anni Settanta e che loro aprirono a fanciulli e giovani, ma anche ad anziani e persino immigrati. Ma i pegognaghesi non vogliono lasciar partire le suore, per cui stanno programmando iniziative.
RICCARDO LONARDI

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