La storia dell’Antichissima Fiera delle Grazie

Quella che va in scena quest’anno è la 595^ edizione della Fiera delle Grazie che non a caso viene definitta “Antichissima“. La storia della manifestazione, ad iniziare dalle sue origini, è raccontata nel libro “I Madonnari delle Grazie” scritto da Giuseppe Callegari e da Cesare Spezia. Ecco quanto si legge:

La storia della Fiera delle Grazie non può prescindere dal Santuario, la cui ubicazione, a
sua volta, non è un fatto casuale. Questo ci viene attestato nel libro “Il Santuario della
Beata Vergine delle Grazie presso Mantova”, scritto, nel 1927, dal sacerdote Catullo
Semeghini.
In codesto luogo a sette chilometri da Mantova, in riva al Mincio, là dove questo trova una lama nella qual si distende e la impaluda, la tradizione vuole sorgesse un pilone o capitello portante una Madonna, col bambino Gesù lattante in grembo, dipinta su legno. (Notizia raccolta nel 1585 da Fra Francesco Gonzaga, già superiore generale della famiglia francescana e poi Vescovo di Mantova, e confermata dallo storico Ippolito Donesmondi nel 1603).

La chiesuola in fondo al lago

A codesto luogo pensiamo approdassero i barcaioli che venivano dalla città, e discesi dalle loro barche si portassero al capitello e ringraziassero da buoni cristiani la Vergine di averli preservati dalle disgrazie, forse facili nel tragitto del lago reso piuttosto insidioso da correnti irregolarmente vaganti…. L’inizio di così dolce consuetudine si perde nella tenebria storica del subito dopo mille. Ma le grazie concesse dalla Madonna, invocata sotto quell’immagine, rozzamente dipinta secondo i caratteri del tempo, dovettero
essere ben segnalate e tante. D’esse se ne sparse la fama per le città e le terre vicine. L’accorrere quindi dei fedeli a quell’immagine, già popolarmente detta delle grazie, rese necessario nel secolo XIII il convertire l’edicola in chiesuola, la quale fu dapprima custodita da un povero anacoreta e poscia, di quando in quando, officiata da un sacerdote, quivi vicino abitante. Essa, sebbene a non troppa distanza dalle maggiori e secolari Chiese plebane (Castellucchio e Rivalta), addivenne ben presto convegno di
grande pietà, non senza generose offerte d’immagini di cera e di argento e di grosse elemosine…
Francesco Gonzaga, quarto capitano del popolo e Signore di Mantova, impetrò, pertanto, che detto luogo fosse dato ai Frati minori conventuali, molto noti per il fiorente convento di S. Francesco in città….Era Vescovo di Mantova Sagramoso Il Gonzaga. Questi, nel giorno dell’arrivo dei Minori Conventuali, andato, insieme al religiosissimo Principe, alla Corte, al Clero e al popolo mantovano processionalmente alla detta Chiesuola, dopo d’aver cantata con solennità la S. Messa e data la benedizione papale al popolo, istituì, in nome del Pontefice, i Padri Francescani rettori della Chiesa che intitolò: Santa Maria
delle Grazie. 

Un dato importante da sottolineare è che, nelle mappe antiche, il luogo in cui sorsero il
cippo e poi la Chiesuola era chiamato “Riva della Madonna”.

Il Santuario

L’ultimo decennio del secolo XIV volgeva assai triste per Mantova. Non solo i mantovani piangevano danni e ruine per la guerra del Visconte, ma ancora di più piangevano per la vera strage che tra loro portava, di quando in quando, la peste. Questa già comparsa nel 1383, ricomparve negli anni 1390, 1391, 1397 sempre più infierendo. Ma l’anno più terribile fu il 1399, anche a causa del passaggio dei Penitenti bianchi che al grido di Pace! Misericordia! diffusero la peste nera. Il Gonzaga, Signore di Mantova, ne fu costernato….e fece voto alla Madonna delle Grazie di far ivi innalzare una nuova e più sontuosa Chiesa in luogo della vecchia e insufficiente Chiesuola, se Mantova
fosse stata liberata dalla grandissima pestilenza… La grazia fervorosamente chiesta non si fece aspettare, e la peste abbandonò la città lasciandosi dietro
un monte di cadaveri. 
Francesco Gonzaga, pieno di riconoscenza verso la Regina del Cielo, non tardò a soddisfare il voto fatto. Nell’anno stesso fu posta, con grande pompa, la prima pietra del nuovo edificio sacro, che nel 1400 era già compiuto con la spesa ingente di 30.000 scudi d’oro, come testifica Fra Paolo Fiorentino, storico mantovano. Ne fu architetto il celebre Bartolino da Novara, autore dei castelli di Ferrara, e probabilmente, di Pavia, che allora aveva appena diretto la costruzione della massiccia mole del castello di Mantova, sorgente isolata a specchio sul lago verso il lunghissimo ponte di S. Giorgio. Nel 1406 il nostro Santuario, già celebre convegno di numerosi pellegrinaggi, venne consacrato il giorno
15 agosto da Fra Nicolò Tinti da Cremona, Vescovo di Ischia, coll’assistenza di Monsignor Antonio degli Uberti, Vescovo di Mantova, e di Giovanni da Mantova, Patriarca di Venezia. Nella Cappella della B.V. trovasi una lapide che ricorda questo atto solenne.
Nell’anno seguente, per iniziativa di Carlo Malatesta, reggente allora il governo di Mantova per il nipote minorenne Gianfrancesco, ai Frati Conventuali, alquanto trascurati nel servizio religioso del Santuario, furono sostituiti, con licenza dell’Apostolica Sede, i Frati Minori Osservanti, che a quei giorni erano tanto bene accolti in ogni parte d’Italia. 

La Fiera

Da quel momento, si legge nella pubblicazione di Enrico Castelli: Storia dell’antichissima
Fiera delle Grazie, le presenze aumentano a dismisura perché le persone sono attratte sia
dalla fama della nuova e magnifica costruzione, sia dalle voci che accreditavano alla
Madonna grandi miracoli. Quindi, una moltitudine di fedeli si muoveva verso il Tempio di
Santa Maria delle Grazie in campagna di Curtatone.
Un grave problema logistico era rappresentato dall’ospitalità. Non c’erano, infatti, né
locande, né osterie in grado di offrire vitto e alloggio ai pellegrini. Nascono, così, i primi
banchi di vendita di generi alimentari e di vino, che possono essere considerati l’inizio
dello scambio commerciale a Grazie e, quindi, della Fiera. Gianfrancesco Gonzaga, con
una “Grida” dell’undici agosto 1425, indìce per il 14 e 15 agosto la Festa
dell’Assunzione.
Inizialmente la Fiera nasce per offrire vitto e alloggio ai pellegrini, ma con il passare
degli anni assume sempre di più caratteristiche economiche e commerciali. Si comincia a
fare distinzioni fra prodotti del luogo e quelli che venivano da fuori e si istituiscono dazi,
specialmente sul vino. In questo modo si favoriva la vendita dei prodotti locali.
Nel 1491 la Fiera venne portata da due a tre giorni: 14, 15, 16 agosto. Non si vendono
più solo prodotti commestibili, ma cominciano ad apparire anche altri oggetti.
Nel 1563 la Fiera viene prolungata a 9 giorni con inizio il 14 agosto, e l’aggiunta di
quattro giorni di tolleranza, tre prima e uno dopo, nei quali non si pagava alcuna tassa.
In pratica, tredici giorni di Fiera.
Le “Gride” di quell’anno permettevano la vendita di ori, argenti, gioie, broccati, sete,
panni di lana, ferramenta, carni e bestiame.
E fu sempre nel 1563 che, per rispondere all’aumentato afflusso di devoti e
commercianti, Fra Paolo della Volta, Superiore del Santuario, fece erigere attorno al
piazzale davanti alla chiesa un lungo porticato di 52 arcate, una foresteria appositamente
per le donne e una fontana: i frati affittavano i portici ai mercanti e avevano anche il
cosiddetto “beneficio della fiera”, costituito dalle offerte dei pellegrini. Questo denaro
serviva per il loro sostentamento, ma anche, e soprattutto, per organizzare e favorire lo
sviluppo della fiera, che prende sempre più forma e vigore; la sua fama si propaga alle
città vicine e si rende necessaria la costruzione di nuove strutture fisse e non più
occasionali. Infatti, nel 1652, il Duca Carlo II, su richiesta di merciai e mercanti, stabilì
che per il futuro fossero costruite strutture di pietra, e botteghe non più di assi come in
passato, e in ordine ad un preciso progetto. In questo modo si tutelavano le merci e i
prodotti proteggendoli dai danni provocati da improvvise piogge, si offriva più sicurezza
e si dava maggior decoro alla fiera. Successivamente furono costruite 186 botteghe che,
durante il periodo della fiera, venivano affittate dai proprietari.
Per tutta la durata della fiera erano presenti in Grazie: -Ufficio del “Commissario” della Fiera, supremo organo responsabile e coordinatore di tutto ciò che accadeva nella zona fieristica. Infatti stendeva la relazione consuntiva e riferiva sui principali fatti
avvenuti. Quest’ufficio è paragonabile con l’Amministrazione Comunale nella persona del Sindaco. Il Commissario aveva il compito di far pubblicare la “grida”, manifesto che indiceva l’evento. Questo ufficio si sosteneva con i proventi riscossi dalle merci che uscivano dal recinto della Fiera e dai banchi dei mercanti situati fuori dalle botteghe.
– Ufficio delle Autorità Militari. Istituzione attualmente non più presente.
– Ufficio della Dogana. Istituzione attualmente non più presente.
– Ufficio del Tribunale Camerale. Istituzione attualmente non più presente.
– Ufficio dei Consoli delle Università Maggiori dei Mercanti di Mantova, identificabile ora nella Camera di Commercio, che serviva a controllare e calmierare i prezzi della fiera.
– Ufficio del “Bargello”, identificabile ora con la Polizia e i Carabinieri.
– Ufficio del Ministro di Sanità, ora identificabile con l’ASL (oggi Ats ndr).
Il trasferimento di tutti i poteri pubblici e militari dello Stato a Grazie nel periodo della
Fiera, è sicura dimostrazione delle dimensioni da essa raggiunte e del notevole volume di
affari.
A Grazie, per tutta la durata della fiera, veniva creata una vera e propria zona franca che
aveva il suo centro di affari nella piazza del Santuario. Il bestiame veniva concentrato e
contrattato nei vasti prati attorno al borgo e poteva abbeverarsi nelle Seriole del
Marchionale.
Fino a una quindicina di anni dopo la fine della 2^ Guerra Mondiale, il punto di forza
della fiera era rappresentato dal mercato agricolo: bovini, equini e suini; all’inizio degli
anni ’60 il mercato del bestiame comincia a entrare in crisi.
Nel 1964 nella fiera non compaiono più bestie: al loro posto cominciano ad arrivare
trattori, mietitrebbiatrici, impianti irrigui, e la nuova meccanizzazione agricola fa la parte
del leone fino all’inizio degli anni ’70, quando anche questo settore inizia a entrare in
crisi e, di conseguenza, solo il Santuario continua ad attrarre pellegrini e visitatori.
Ma non basta: le presenze tendono a diminuire e la fiera è fortemente in crisi.
Ed è proprio in un contesto di questo tipo che entrano in gioco i Madonnari.