Degenerazione maculare degli anziani, dagli esami alle cure: le risposte degli esperti

Come si esegue una diagnosi di degenerazione maculare legata all’età? Qual è il paziente che rischia la malattia? Quali sono le possibilità di trattamento? Queste, in sintesi, le domande a cui sono stati chiamati a rispondere alcuni tra i più autorevoli specialisti in oftalmologia, nel corso del webinar tenutosi di recente all’interno del percorso formativo di Floretina 2021, sul tema ‘Neovascular Amd in real life’, presieduto da Edoardo Midena, docente di Malattie dell’apparato visivo e direttore della Scuola di specializzazione in Oftalmologia dell’università degli Studi di Padova, e da Stanislao Rizzo, direttore dell’Unità operativa complessa di Oculistica del Policlinico universitario A. Gemelli Irccs di Roma, organizzato con il contributo non condizionato di Bayer. 

La degenerazione maculare legata all’età è una malattia di grande rilevanza sociosanitaria ed è la prima causa di grave ipovisione centrale nei Paesi industrializzati, nelle persone con più di 65 anni. In Italia si registrano ogni anno 50mila nuovi casi. I pazienti affetti dalla forma neovascolare (essudativa-umida) della maculopatia devono essere sottoposti a iniezioni intravitreali (farmaci anti Vegf), trattamento che permette non solo di prevenire l’ulteriore perdita della vista, ma, in molti casi, di recuperare l’acuità visiva perduta soprattutto quando si riesce a intervenire in tempo. Una visita oculistica, tuttavia, non è sempre sufficiente per formulare una valutazione corretta. Per confermare la diagnosi e inquadrare la malattia sono, infatti, necessari alcuni esami strumentali, come la tomografia a coerenza ottica (Oct), moderna tecnica che ha permesso di analizzare le strutture retiniche con dettaglio e risoluzione sempre crescente.  

“La semplice Oct, però, non permette – spiega Midena – uno studio del microcircolo retinico, garantito invece dalle tecniche angiografiche con colorante (angiografia con fluoresceina, Fa) e ora dalla nuova metodica diagnostica rappresentata dall’Oct angiografia (Octa) che, grazie a un’innovativa tecnica di imaging, aumenta le già notevoli possibilità diagnostiche dell’Oct e fornisce informazioni anche sulla rete vascolare, basandosi sull’analisi dei cambiamenti di segnale durante ripetute scansioni retiniche”. La scelta dell’esame spetta pertanto allo specialista, che deciderà, in base al quadro clinico riscontrato e alle necessità terapeutiche, di eseguire un singolo esame (ad esempio solo Oct o Fa) oppure una combinazione di più esami (ad esempio Oct più Fa). 

“Partendo dall’assunto che i farmaci anti-Vegf, entrati ormai nella pratica clinica da circa 20 anni, sono efficaci e rappresentano il gold strandard per il trattamento dell’Amd – continua Midena – nel tempo abbiamo verificato che l’efficacia assoluta è correlata al numero delle iniezioni intravitreali effettuate nel corso dell’anno e l’efficienza di questo trattamento è legato sicuramente alle caratteristiche del regime di trattamento che noi scegliamo”.  

Esistono due grandi categorie di schemi di trattamento, quello proattivo e quello reattivo. Tra i trattamenti proattivi si ricordano quello ‘fisso’ e il Treat & Extend (T&E), che hanno come caratteristica principale quella di trattare i pazienti indipendentemente dall’attività della neovascolarizzazione. “Questi trattamenti terapeutici, supportati dall’evidenza clinica, richiedono, tuttavia un’organizzazione ad hoc – prosegue l’esperto – Nel caso specifico, il T&E ci permette di ridurre il numero di iniezioni, limitando quello delle visite (esigenza particolarmente sentita in questo periodo di pandemia), con il beneficio di ottenere un aumento dell’acuità visiva”.  

“Ma per poter portare avanti questa strategia terapeutica – precisa Midena – vi è la necessità di un’organizzazione ben strutturata del centro specialistico di riferimento, con la possibilità di valutare l’attività della neovascolarizzazione, praticare l’iniezione intravitreale e programmare il trattamento successivo in base ai risultati, possibilmente in un’unica giornata. Questo facilita la programmazione del percorso terapeutico, adeguandolo anche alle esigenze del paziente”. Un obiettivo che si potrebbe raggiungere più facilmente attraverso la creazione di Unità’ dedicate alla gestione della patologia maculare all’interno delle strutture ospedaliere dove il paziente maculopatico viene preso in carico, potendo effettuare tutto ciò di cui ha bisogno nell’arco di una sola giornata: dalla visita oculistica, alla diagnosi strumentale, all’erogazione della procedura iniettiva. 

(Adnkronos)