Tumori, mutazione gene Egfr nel 20% casi di cancro polmonare

(Adnkronos) – Il tumore al polmone non è un’unica neoplasia: esistono infatti diverse tipologie, ciascuna caratterizzata da strategie terapeutiche diverse. La medicina di precisione, mirata su singole mutazioni, può fare la differenza. Se ne è parlato oggi, durante il media tutorial “Tumore al polmone: non uno ma tanti”, organizzato da Janssen Oncology in occasione del mese di sensibilizzazione su questa neoplasia non sempre causata dal fumo, ma anche mutazioni come quella del gene Egfr (Epidermal growth factor), presente in circa il 20% delle diagnosi.  

Big killer tra tutte le malattie oncologiche, causando ogni anno la morte di 34mila persone in Italia, e oltre 1 milione nel mondo, con numeri sempre più in aumento, il tumore al polmone è la seconda neoplasia più frequente negli uomini (15%) dopo il tumore alla prostata e la terza nelle donne (6%). Sono 2 i tipi principali di tumore al polmone: ‘a piccole cellule’ e ‘non a piccole cellule’ (Nsclc, Non small cell lung cancer), che rispondono a oltre il 95 % delle diagnosi, i quali si dividono a loro volta in numerosi ulteriori sottotipi. Il tumore non a piccole cellule è il più frequente e corrisponde all’85% delle neoplasie di nuova diagnosi. Circa un terzo dei pazienti con Nsclc, pari a 600mila persone in tutto il mondo, presenta una mutazione dell’Egfr. In circa il 10% di questi, la mutazione Egfr è un’inserzione dell’esone 20, un gruppo di mutazioni non comuni su una proteina che causa una rapida crescita delle cellule e la diffusione del cancro. 

Non sempre l’esposizione al fumo è la causa della neoplasia. In circa il 20% delle persone la causa non sono questi fattori, ma la mutazione del gene Egfr che interessa prevalentemente donne e non fumatori. “Il fumo di sigaretta, attivo o passivo, è sicuramente un fattore di rischio per la maggior parte delle tipologie di tumore al polmone – spiega Antonio Passaro, oncologo della divisione di Oncologia toracica dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano -. Ma a questo, si aggiunge l’esposizione a sostanze universalmente riconosciute come cancerogene, come l’amianto e sostanze inquinanti, anche presenti già in natura, come il gas radon. In aggiunta ai fattori di rischio ambientali noti, recentemente al congresso europeo di oncologia medica (Esmo) – continua – sono stati presentati i risultati di un importante studio che ha confermato come l’inquinamento atmosferico possa influenzare lo sviluppo di un particolare sottotipo biologico di tumore polmonare (con mutazioni di Egfr) anche nei non fumatori, che presentano però delle mutazioni ‘dormienti’, riattivate dall’inquinamento e la relativa infiammazione indotta, e capaci quindi di passare allo stato canceroso”. 

“La biopsia tissutale – ricorda Diego Cortinovis, Oncologo medico – è il primo passo fondamentale al fine di effettuare una corretta diagnosi, soprattutto quando parliamo di alterazioni genomiche, come nel caso del tumore al polmone. A tal fine, si usano dei pannelli dal punto di vista genomico, con diversi geni che vengono testati contemporaneamente. Nella pratica clinica quotidiana – aggiunge – sono 9 le mutazioni che vengono rilevate e testate. Alcune sono più frequenti, in particolare la mutazione di Egfr: è la seconda più frequente, dopo quella di Kras, arrivando a coprire circa il 12-15% di tutti gli adenocarcinomi. Tuttavia, qualsiasi discorso sull’analisi genomica va giustamente correlata alla disponibilità farmacologica per la singola mutazione, quindi in ottica terapeutica”. 

I test genetici, soprattutto la Next-Generation Sequencing (Ngs), si rivelano dunque lo strumento essenziale non solo per una corretta diagnosi, ma anche per un approccio personalizzato alla terapia, incluse le mutazioni da inserzione dell’esone 20 dell’Egfr. Una diagnosi precoce può fare la differenza, tenendo conto che il Nsclc viene spesso diagnosticato nel 60% dei casi ad uno stadio tardivo, metastatico, incidendo largamente sulla mortalità. A pesare sul ritardo è il fatto che i sintomi non sono specifici (tosse, affaticamento, dolore al petto, dispnea, perdita di peso). Riconoscere subito il tipo di mutazione permette l’avvio della terapia più adeguata, sin dalle prime fasi della diagnosi, e non solamente nelle successive linee di terapia. 

“Per i pazienti con tumore Nsclc – sottolinea Passaro – oggi siamo in grado di utilizzare farmaci biologici a bersaglio molecolare, chiamati inibitori tirosin-chinasici (Tki), che sono stati in grado di migliorare in modo significativo la sopravvivenza in particolare dei pazienti affetti da tumori esprimenti mutazioni comuni. Recentemente, grazie alla ricerca e lo sviluppo di molecole di nuova generazione, quali amivantamab, si è aperta una grande opportunità terapeutica per i pazienti con inserzioni dell’esone 20 di Egfr, fino a poco tempo fa, orfani di specifici farmaci target”.  

“Stiamo lavorando – aggiunge Cortinovis – per fare in modo che il ricorso al testing genomico rientri nelle best practice della pratica clinica. In tutte le linee guida nazionali ed internazionali vengono già in qualche modo inserite le necessità di poter testare queste varianti, con un invito ad utilizzare le metodiche più sensibili”.  

“Da oltre 30 anni Janssen Oncology è impegnata nella ricerca scientifica per lo sviluppo di farmaci innovativi per essere al fianco di pazienti, caregiver e medici, nella cura dei tumori ematologici e tumori solidi, come il tumore al polmone – afferma Daniela Curzio, Therapeutic Area Oncology Medical Manager Janssen Italia – Ci stiamo impegnando per trasformare gli esiti a lungo termine dei pazienti e migliorare la loro qualità di vita grazie alla giusta terapia, nel momento giusto, il che passa chiaramente tramite un approccio personalizzato e sempre più di precisione della diagnostica”. 

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