BOZZOLO – Bozzolo approda su La Voce di New York. Si avete letto bene proprio New York. Il giornale è una testata online in lingua italiana e inglese, fondata e diretta da Stefano Vaccara, che si rivolge anche non solo ai lettori della Grande Mela, ma a quelli in Italia e nel mondo, ed è diventata così un esperimento editoriale senza precedenti nel giornalismo in italiano.
Tante le firme d’eccellenza del giornale, tra cui quella di Stefano Albertini, bozzolese che da molti anni vive a New York dove è direttore della Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University.
Albertini da ventisei anni tiene alta la bandiera di Mantova oltreatlantico: dal 1994 insegna infatti alla New York University e dal ’98 dirige l’istituzione culturale a questa collegata dove vengono organizzati circa un centinaio di eventi culturali all’anno di grande richiamo. Nonostante i tanti anni negli States, l’attaccamento di Stefano a Bozzolo non è mai venuto meno al punto che qualche anno fa ha fondato l‘”Accademia del dialetto bozzolese” proprio per contribuire a conservarne e trasmettere la cultura.
Nelle scorse settimane Stefano era tornato Bozzolo per aiutare la mamma che si era infortunata e qui dopo poco si è trovato in mezzo all’emergenza coronavirus.
Da Bozzolo però, Albertini coordina ugualmente tutte le attività della Casa Italiana Zerilli-Marimò e per La Voce di New York sta redigendo un diario proprio su questi giorni in Lombardia al tempo del coronavirus.
Per gentile concessione de La Voce di New York proponiamo l’ultimo articolo scritto da Albertini accompagnato da una bellissima rielaborazione grafica di Francesco Maria Mussini con il sindaco Giuseppe Torchio calato nientedimeno che nei panni di Superman…….
La resurrezione dell’ospedale e il Sindaco guerriero
27 marzo 2020, ore 10:50
Dall’ultima volta che ho scritto, un po’ tutto il mondo è diventato Scarlet Zone. L’illusione che chiudere le frontiere potesse prevenire la diffusione del Coronavirus si è presto rivelata tale e l’unica chiusura che sta dando qualche risultato per rallentare il contagio è quella delle porte delle nostre case. La provincia di Mantova, da dove vi scrivo è quel triangolo di Lombardia che si incunea tra Emilia e Veneto e si trova così proprio nel mezzo della zona più duramente colpita. Il mio paese, Bozzolo (in inglese Cocoon), per adesso ha avuto un numero limitato di contagiati, ma le notizie che vengono dai paesi vicini è come se ci facessero sentire assediati dalla linea di un fronte circolare che continua ad avvicinarsi nonostante le misure straordinarie.
Il nostro ospedale, proprio davanti a casa mia, ha ricevuto la settimana scorsa il primo gruppo di malati di Covid19 e il nostro sindaco, Giuseppe Torchio è andato su tutte le furie perché non è stato informato da nessuno di questo trasferimento e lo è venuto a sapere dalla strada. Giuseppe è un guerriero, è stato deputato a Roma, ma non disdegna, se serve, di dirigere il traffico, rifilare le siepi e guidare i volontari nella pulizia della campagna circostante. Un settimanale di gossip qualche anno fa gli ha dedicato un servizio fotografico definendolo “Sindaco Stradino”, per altri sarebbe stato un’offesa, per lui un titolo di merito. In queste settimane sta coordinando dipendenti comunali e volontari per portare viveri e medicinali ad anziani ed ammalati soli in casa. Il suo cellulare è sempre acceso e risponde a centinaia di chiamate e messaggi. Ogni giorno dirama un bollettino con rassegna stampa sulla pagina Facebook “Set da Bosul” che è l’antidoto più efficace contro bufale e pettegolezzi di paese.
L’ospedale è l’orgoglio di Bozzolo: tra gli anni ’60 e ’80 era diventato una specie di clinica svizzera in mezzo alla campagna padana. Grazie ad amministratori lungimiranti e primari illuminati, i “professori” i cui nomi ancora oggi vengono menzionati con rispetto e deferenza, l’ospedale era considerato un modello. A metà degli anni ’70, le maestre ci portarono a visitare l’ala nuova, appena inaugurata, e ci apparve non solo bella, ma lussuosa. La sala operatoria era tutta rivestita di marmo verde. Neanche gli ospedali che si vedevano nei telefilm americani potevano competere col nostro. Al Liceo Virgilio, le mie professoresse di Mantova città si intenerivano a sentire il nome Bozzolo: erano venute tutte a partorire qui. Poi venne lo smantellamento progressivo e fu solo grazie alla resistenza e alla capacità strategica di Piergiorgio Mussini (già presidente dell’ospedale e sindaco del paese) che invece di una chiusura si passò a una riconversione della struttura in centro specializzato avanzato di riabilitazione motoria e cardiorespiratoria. Poi cercarono di chiudere anche quei due reparti e ventilarono addirittura la possibilità di convertire l’intero, enorme stabile in archivio di non so quale istituzione.
Il Sindaco Torchio ha tutte le ragioni di arrabbiarsi quindi. Non perché sono arrivati a Bozzolo gli ammalati di Covid19, che qui, all’ospedale dedicato a Don Primo Mazzolari staranno bene e verranno curati come e meglio che in una clinica svizzera, ma perché le autorità regionali che hanno disposto questi trasferimenti sono le stesse che, nei decenni hanno smantellato progressivamente, perché “inutili e costosi”, gli ospedali di provincia, accentrando tutti i servizi sanitari nei comuni capoluogo o dirottandoli verso strutture private. Se i macchinari e le strutture della nostra riabilitazione cardiorespiratoria fossero ancora qui nei nostri reparti, le cure che i pazienti appena arrivati ricevono sarebbero ancora più efficaci.
Concludo con due appelli: il primo a breve termine a donare fondi per l’ospedale di Bozzolo o per qualunque altro ospedale che in questo momento sta affrontando l’emergenza Covid19 e l’altro più a lungo termine a far sentire la nostra voce affinché la politica capisca che gli ospedali di provincia sono i presidi più adeguati e ben distribuiti per assicurare salute e benessere ai cittadini, non solo nei momenti di tragica emergenza, ma anche nella normalità alla quale ci auguriamo di tornare al più presto.