Michele Nicchio verso la presidenza di AIOP Lombardia

MANTOVA – Michele Nicchio, amministratore del Gruppo Mantova Salus e presidente nazionale AIOP Giovani – Associazione italiana ospedalita’ privatà, martedì 19 marzo sarà eletto presidente di AIOP Lombardia.
La candidatura di Nicchio, 42 anni, ha ottenuto un consenso unanime da parte di tutti i soggetti all’interno di AIOP Lombardia e infatti la sua elezione è certa.
Il manager mantovano, che da tempo è ai vertici del Gruppo di famiglia con il padre Guerrino e la sorella Anna, sarà tra l’altro il primo presidente dell’Associazione della sanità privata lombarda non espressione del grandi Gruppi milanesi come Humanitas e San Donato (per dare un’idea di cosa rappresenti quest’ultimo basti pensare che su 16 mila posti letto in Lombardia nella sanità privata, ben 6 mila fanno capo al Gruppo San Donato).
Chiediamo dunque a Nicchio, quali pensa siano i temi prioritari oggi e le sfide più importanti per la sanità privata?
” Ci sono due o tre temi molto importanti ma bisogna innanzitutto fare chiarezza su cosa sia la sanità privata perchè si fa molta confusione. Un conto infatti è l’attività sanitaria privata pura, un conto è la sanità privata convenzionata con il pubblico che, per il cittadino, funziona esattamente come il pubblico: le prestazioni erogate infatti o sono gratuite o prevedono il solo pagamento del ticket – spiega Nicchio –  Quel che si paga è l’attività in libera professione degli specialisti, che è assolutamente legittima, e che può essere svolta tanto nel privato quanto nel pubblico. Purtroppo il problema comune è quello delle liste d’attesa e cercherò di battermi perchè questo possa venir affrontato anche se ha alla base due grandi criticità. La prima è quella delle risorse del Fondo Sanitario Nazionale che non sono sufficienti (il governo Meloni le ha aumentate ma l’inflazione ha di fatto eroso questo incremento) e quindi o si aumentano i fondi per la sanità o non se ne esce. La seconda è legata al personale: non ci sono medici e infermieri. Il problema per i medici non è tanto legato al numero chiuso della facoltà di Medicina ma all’imbuto che si crea dopo la laurea. Ogni anno ci sono infatti circa 12 mila medici laureati ma fino a prima del Covid c’erano solo 8 mila borse di studio per la specialità. Questo significava perdere per strada quei 4 mila medici che non riuscivano ad accedere alle specialità e quindi non potevano far altro che attendere un altro anno per tentare ancora l’accesso. Dopo il Covid finalmente si è capito che questi numeri non potevano funzionare e si è alzato il numero delle borse di studio a circa 12 mila. Il problema è che per formare un medico ci vogliono almeno 10 anni: 6 per la laurea e 4-5 per la specialità, quindi inizieremo a sentire meno la mancanza di personale solo a partire circa dal 2030″.
“Un altro tema su cui cercherò di impegnarmi è quello di un’ulteriore riqualificazione del settore socio-sanitario. Oggi infatti ci troviamo con il problema degli ospedali per acuti intasati ma spesso il paziente, anche una volta superata la fase più critica, non è in grado di tornare a domicilio perchè ha ancora necessità di cure. C’è quindi bisogno di dimissioni protette e strutture come le Rsa, che hanno personale medico e infermieristico, potrebbero essere di sollievo alle strutture ospedaliere proprio per tenere i pazienti in quella fase in cui non necessitano più di un’assistenza di tipo ospedaliero ma hanno ancora comunque bisogno di terapie” conclude Nicchio.

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